"Sono cadavere per sfida, quasi innamorata nella vita"

L'attrice in scena a Broni: "Vorrei una relazione in cui rilassarmi. La bellezza? Molta disciplina"

Buongiorno, Francesca Rivelli. O Ornella Muti? «Il mio è un nome d'arte al quale mi sono dovuta abituare. È difficile quando ti chiamano con un altro nome, ma appena qualcuno mi conosce, passa a chiamarmi Francesca». L'attrice sarà in scena stasera alle 21 al Teatro Carbonetti di Broni (via Leonardo da Vinci, 27) ne «Il pittore di cadaveri», per la regia di Enrico Lamanna. Nel cast Maurizio Tesei, Roberto Negri, Cecilia Guzzardi, Roberto Fazioli e Barbara Marzoli.

La pièce, nonostante il titolo, non è un'opera noir?

«È ovvio che ci sia un filo dark, perché sono tutti personaggi ai confini. Il pittore è un visionario, che beve, ha problemi a volte psichiatrici. Drusilla è una ragazza provata dalla vita. Mio marito ha una forma maniacale di possessione. Anche il venditore d'arte è padroneggiato dal denaro, ma questa è una storia di salvataggio d'amore».

Un dramma con il coraggio anti moderno del lieto fine?

«È un lieto fine a metà perché la sofferenza c'è ed è tanta, ma l'amore la riscatta».

Vale anche nella vita?

«Per la mia condotta di vita sì, per gli altri non lo so, a volte me lo domando. Spero tanto di sì, però».

Ci vuole senso dell'umorismo, consapevolezza del proprio fascino o entrambe le cose per interpretare un cadavere?

«In teatro amo le sfide, come le ho amate al cinema, con film come «L'ultima donna» e «Codice privato». Allora potevano essere guardati con occhio critico ma credo che un artista debba donare anche coraggio. Il tormento degli artisti è legato proprio all'esigenza di esprimere i sentimenti».

Il teatro consente più libertà di espressione artistica?

«Sì, perché si decide tutto tra uno scrittore, un regista, un attore. Non si deve andare in televisione, per cui c'è sempre qualcuno che dice togliamo qui o lì. Ma poiché in sala va pochissima gente, nessuno rischia. Eppure se non ci sfidiamo tutti i giorni, ci addormentiamo».

Lei adesso è innamorata?

«Non ancora, sono sempre a un passo. Per adesso sono ancora una donna single, speriamo non per molto. Ma se anche dovessi rimanerlo, va bene così. Se dovesse arrivare un amore oggi, vorrei un amore pieno. Non come da giovane, quando ci si illude. Vorrei potermi finalmente rilassare in un amore».

Vedendola scendere le scale di Sanremo, la abbiamo immaginata assediata dai corteggiatori.

«Li vedono tutti ma non io. Dove sono?».

Quest'opera teatrale difende l'autenticità femminile anche se in modo diverso dal film che l'ha resa famosa, dedicato a Franca Viola, la prima italiana a rifiutare un matrimonio riparatore. Ha cercato questo filo conduttore?

«Se non difendiamo noi la nostra femminilità, i nostri valori più autentici, veniamo fagocitate, sfruttate e buttate via. Dovremmo essere tutte un po' più complici. Non parlo di femminismo, perché la parola mi fa un po' orrore, però le battaglie femminili possiamo farle solo noi, con amore, non andando in giro ad urlare».

Si può conciliare la relazione con un uomo, tre figli, i nipoti, anche nei momenti gravi, con una carriera impegnativa?

«Si deve. La donna che lavora e ha dei figli è sempre in difficoltà. Mi sono fatta un grande mazzo nel lavorare, correre, avere sempre un telefono per ascoltare anche solo un capriccio dei figli, perché loro non sentano la nostra mancanza e noi la loro».

Quali sono i registi dai quali ha imparato di più?

«Sicuramente da Enrico Lamanna. Con la sua testardaggine ha insistito finché mi ha portato in teatro. Dopo lungo tempo mi ha convinta, perché è uno che vive le sue storie. I registi cinematografici mi hanno insegnato molto in molti, ma posso dire che Marco Ferreri ha creduto in me al di là dell'immagine».

Lei è del 1955: come riesce a mantenersi così bella? Non le sto chiedendo il numero del chirurgo.

«In parte è genetico: invecchiare meglio o

peggio è un dono. Poi uso disciplina: non bevo perché mi si gonfiavano gli occhi, mangio bene perché quello che abbiamo dentro dipende da quel che ingeriamo, faccio ginnastica e massaggi. È anche questione di carattere».

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