Mio padre era un ebreo di Salonicco, detta la Gerusalemme balcanica, perché due terzi della popolazione era ebraica: discendenti di ebrei provenienti dalla Spagna dopo la drammatica espulsione del 1492. Dopo secoli parlavano ancora lo spagnolo medioevale e le più di cinquanta sinagoghe della città portavano i nomi delle regioni o città di provenienza dellantica Sefarad (la Spagna). Allavvento del potere greco, dopo la caduta dellImpero ottomano, un incendio distrusse il quartiere ebraico e buona parte della popolazione emigrò. Quelli che restarono furono poi deportati e sterminati dai nazisti. Mio padre, ormai italiano, ripeteva di non avere alcun interesse a rivedere Salonicco, dove non cera più traccia ebraica, mentre desiderava con tutto il cuore visitare la Spagna, la terra dorigine. Morì prima di poterlo fare. Quando lo feci io mi sembrava di andare in sua vece. Visitando le case medioevali di Toledo mi stupiva la similitudine architettonica con le case della famiglia a Salonicco, come erano riprodotte negli schizzi di mio padre o nelle foto depoca. Nelle sinagoghe rimaste vedevo le tracce di un grande evento storico brutalmente sradicato da un tragico atto di intolleranza.
Quando comunicai le mie impressioni ad amici spagnoli la delusione fu enorme. Pensavo che la testimonianza di una persona il cui padre parlava uno spagnolo antico e cui era stato trasmesso dopo quasi cinque secoli un intatto attaccamento a un paese e a una civiltà, avrebbe destato curiosità e interesse. Disinteresse assoluto. Incontravo piuttosto sguardi increduli: come se avessi detto a un romano che ero pronipote di Giulio Cesare.
Eppure la Spagna e lEuropa debbono tanto al lascito di una presenza ebraica che ha avuto un ruolo centrale nella trasmissione della cultura e della scienza greche. Al contrario, mentre il disinteresse per questo passato è totale, è assai diffuso linteresse per le radici musulmane. Ma non ci si inganni: senza la minima sensibilità culturale e per mere ragioni politiche.
Da allora mi sono sempre più convinto che la Spagna sia un nobilissimo Paese tristemente allo sbando, che ha spezzato luna dopo laltra le sue radici culturali, ormai persino incapace di comprenderle storicamente. Le ha spezzate in un processo storico che è culminato in una terribile guerra civile, contrassegnata da una spietata divisione ideologica e che è stato il laboratorio non soltanto delloffensiva nazifascista, ma anche dello stalinismo, il quale ha ivi consumato (va riletto Furet in merito) uno dei suoi più feroci bagni di sangue di trotzkisti e anarchici, che per parte loro non erano stinchi di santo. È stata una guerra civile seppellita da quarantanni di dittatura che ha prodotto un deserto culturale e morale da cui si è creduto di uscire azzerando le divisioni e consegnandole al passato. Di certo era lunica via possibile, a condizione di fare delloblio delle divisioni un fatto politico e non un fatto storico e culturale. Perché senza coscienza storica non esistono i parametri per comprendere e affrontare le sfide del presente. Così la Spagna è passata con incosciente velocità dal cattolicesimo tradizionale allabolizione della famiglia, allaborto libero delle minorenni, fino a un grottesco politicamente corretto che riscrive a scuola la favola di Biancaneve in versione femminista. Questo è il modello culturale e socio-economico che, secondo il ridicolo provincialismo di certi intellettuali progressisti nostrani, doveva essere assunto come riferimento.
Uno dei cadaveri che ingombrano in modo sempre più asfissiante il presente della Spagna è lantisemitismo. La Spagna è forse il paese più anti-israeliano dEuropa e non cè giorno in cui il diritto di opporsi alle politiche dello stato dIsraele o anche di contestare «lerrore» di averlo fondato non venga riaffermato asserendo che esso non può e non deve essere confuso con lantisemitismo. È una solfa che ben conosciamo: lantisionismo non è antisemitismo. Ma anche se ciò fosse vero - contrariamente a quanto dice saggiamente il nostro Presidente della Repubblica - per avere il diritto di fare questa distinzione bisognerebbe essere cristallini. Invece la storia dellultimo decennio (a dir poco) ci consegna limmagine di un antisionismo spagnolo smaccatamente antisemita e razzista. Ci vorrebbero pagine per fornire una documentazione. Ma non dimentichiamo gli articoli del Pais (2002) in cui si definiva Sharon «assassino selettivo che non si sa perché lasci in vita Arafat»: «non per la sua religione: quello che noi chiamiamo Antico Testamento è implacabile». Non è antisemitismo questo? E come definire la vignetta del Mundo (2006) che riproponeva la solita tematica antigiudaica, rappresentando un soldato israeliano con un dente e un occhio in meno che portava sulle spalle due sacchi stracolmi di occhi e di denti? Potremmo continuare con le foto di manifestazioni in cui pullulano cartelli con la scritta «Judíos asesinos». Ma è assai più significativo il fatto che giornali di primissimo piano inquinino da anni le menti con editoriali e vignette intrisi di osceno antisemitismo.
Ora a seguito della vicenda al largo di Gaza, una feroce ondata di intolleranza si è diffusa in Spagna. Antisionismo? Chiamereste così la decisione di interdire alla delegazione israeliana di partecipare alla Marcia Gay che si svolgerà a Madrid dal 1° al 5 Luglio? Non è piuttosto smaccato razzismo? E che dire di quel che è successo alla Università Autonoma di Madrid, dove due conferenzieri israeliani hanno rischiato il linciaggio, non fischi e contestazioni ma il linciaggio fisico? Un editorialista del quotidiano ABC - un giornale che rappresenta una delle poche voci razionali del paese - si è chiesto: «perché un centinaio di pacifisti tentò di linciare il professor Eytan Levy, se non è militare né membro del governo né noto sionista? Per settarismo e per ignoranza». Ebbene, persino un editorialista che, con le migliori intenzioni condanna la «divisione feroce e irrazionale» dellopinione pubblica, da mostra di una simile confusione morale. Come se, nel caso in cui il professore fosse stato militare, membro del governo o semplicemente sionista il linciaggio potesse essere comprensibile...
In un editoriale comparso il 9 giugno sul quotidiano catalano Vanguardia il professor Francesc de Carreras dellUniversità di Barcellona reitera il tentativo di contestare che attaccare Israele e «mettere in dubbio lopportunità dell'ONU di creare lo Stato di Israele» sia antisemitismo. Lo fa confezionando una storia dellantisemitismo in pillole che dovrebbe fare vergogna a un ordinario di diritto costituzionale: a suo dire, gli ebrei furono perseguitati nellantichità perché erano un gruppo «strano» («raro»)
Inutile dire che tra le persecuzioni sofferte dagli ebrei neppure cita lespulsione del 1492 che pure dovrebbe rappresentare per uno spagnolo qualcosa di analogo a quel che è Auschwitz per i tedeschi.
Tanto di cappello ai pochissimi, come Hermann Tertsch e Gabriel Albiac che su ABC resistono a questa folle tempesta e chiedono perché il rettore dellUniversità Autonoma di Madrid non si sia dimesso. Ma parlare così costa loro lepiteto di nazisti.
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