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Sparatorie di massa? In America si fanno e poi si dimenticano

Spencer Ostrander ha fotografato i luoghi degli eccidi. Spesso rasi al suolo, cancellati

Sparatorie  di massa? In America si fanno e poi si dimenticano
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Gli Stati Uniti d'America - dove il possesso di armi è più di un diritto: è un dovere per proteggere se stessi, la famiglia e la proprietà - sono il Paese delle sparatorie di massa. Su una popolazione di 330 milioni di persone, un terzo di privati cittadini detiene un totale di 393 milioni di armi. Sommando suicidi, omicidi, stragi, morti accidentali e uccisioni da parte delle forze di polizia, ogni giorno, in media, cento americani rimangono vittime di armi da fuoco. Sono poco meno di 40mila morti all'anno, cifra imparagonabile con qualsiasi altra nazione.

Alle stragi che costellano tutti gli Stati federali, da Nord a Sud, insanguinando per lo più scuole, ma anche chiese, uffici pubblici, fast food e centri commerciali, è dedicato il libro Bloodbath Nation, uscito nel 2023 negli Stati Uniti, e ora in Italia (Una nazione bagnata di sangue, Einaudi), che raccoglie un lungo testo scritto nel 2021 da Paul Auster (morto quest'anno, ad aprile) e una serie di fotografie di luoghi in cui sono avvenuti i massacri scattate da suo genero, Spencer Ostrander.

Paul Auster ricostruisce il retroterra storico e culturale di una nazione che affonda le sue stelle e le sue strisce in una guerra delle colonie contro la madrepatria, nella conquista dei territori indiani, nel mito della Frontiera, e poi nella guerra civile, nelle milizie popolari, nel secondo emendamento, nella protesta delle Pantere Nere per il diritto all'autodifesa con le armi in pugno (cosa che per paradosso facilita la crescita delle lobby delle armi da fuoco), nel potere politico pesantissimo della National Rifle Association (Nra)... Invece Spencer Ostrander ricostruisce le maggiori sparatorie di massa in un altro modo: fotografando i luoghi dove gli eccidi si sono consumati, scegliendo un lasso di tempo di vent'anni, dal 2000 al 2019. In tutto 42 scatti (nella edizione italiana) e 30 edifici - «spesso squallidi, brutti, all'interno di paesaggi americani anonimi» - ritratti senza particolare illuminazione e scegliendo a volte la stessa angolazione delle foto apparse sui quotidiani, senza persone, né armi. Ma quello che colpisce è che molti di quei luoghi bagnati dal sangue, una percentuale davvero elevata, sono stati abbandonati, rasi al suolo, dimenticati, rimossi, cancellati. Tenuti in vita, appunto, solo dalle fotografie, che li trasformano in «lapidi del nostro dolore collettivo».

La West Nickel Mines School di Bart Township, Pennsylvania (6 morti e 5 feriti il 2 ottobre 2006) è stata demolita e il terreno lasciato a pascolo: poi poco lontano è stata edificata un'altra scuola. L'Umpqua Community College di Rosenburg, Oregon (10 morti e 9 feriti il 1° ottobre 2015) è stato abbattuto e al suo posto è sorta un'altra struttura. Stessa cosa per la Marjory Stoneman Douglas High Scholl di Parkland, Florida (17 morti e 17 feriti il 14 febbraio 2018). Il Cafe Racer a Seattle, Washington (6 morti e un ferito, 30 maggio 2021) è chiuso dal giorno della strage e sarà presto trasformato nella sede di una radio. La Sinagoga Tree of Life di Pittsburg, Pennsylvania (11 morti e 7 feriti il 27 ottobre 2018) è chiusa e sarà riedificata. Il Borderline Bar and Brill di Thousand Oaks, California (13 morti e 16 feriti il 7 novembre 2018) e il Pulse Nightclub di Orlando, Florida (50 morti e 58 feriti) sono chiusi dal giorno del massacro.

Soltanto la First Baptist Church di

Sutherland Springs, Texas (26 morti e 22 feriti il 5 novembre 2017) è stata trasformata in un monumento in memoria delle vittime. L'unico caso registrato in vent'anni in America. Per il resto, a parte le armi, tutto tace.

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