Una raffica di conferme per oltre due ore e mezza di deposizione: davanti al procuratore capo Giovanni Ferrara e al sostituto procuratore Angelantonio Racanelli, l’ex comandante della Guardia di finanza Roberto Speciale ha ripetuto di aver subito pesanti ingerenze da parte del vice ministro Vincenzo Visco nel luglio del 2006 pur di spostare l’intera catena gerarchica della Gdf in Lombardia.
Sono accuse durissime quelle che verbalizza Speciale al punto che ora Ferrara e Racanelli dovranno valutare se iscrivere Visco nel registro degli indagati ipotizzando i reati di abuso d’ufficio e minacce. Una mossa che potrebbe essere addirittura inevitabile visto che le accuse di Speciale di per sé equivalgono a una denuncia. Che trova sponda testimoniale nei racconti riportati dai due ufficiali che assistettero alla telefonata più pesante con il viceministro. Racanelli si sta ora consultando con il procuratore Ferrara, co-titolare del fascicolo. E già lunedì decideranno insieme i prossimi passi.
L’iscrizione di Visco appare la strada più probabile, a tutela stessa del vice ministro. Oppure da piazzale Clodio si potrebbe decidere per altre due ipotesi: la contestuale iscrizione sì di Visco ma anche di Speciale per calunnia. Una strada investigativa che permetterebbe di indagare su entrambi a 360 gradi. O, ancora, l’archiviazione del procedimento non ravvisando estremi di reato nelle deposizioni, una decina in tutto, fin qui raccolte.
Intanto al comando generale della Gdf preparano la cerimonia per l’insediamento del nuovo comandante Cosimo D’Arrigo. Nomina che aveva provocato più di un malumore ai piani alti della Difesa. Insomma, quasi a litigare per scegliere il nuovo comandante generale della Guardia di Finanza. L’unico che ci sarebbe rimasto davvero male è infatti Rolando Mosca Moschini, fine tessitore e consigliere militare del Quirinale. Sia l’inaspettato braccio di ferro tra Visco e Speciale, sia le accuse mosse da quest’ultimo di ingerenze e ventilate minacce, hanno infatti indirettamente indebolito la candidatura del ternano Gianni Botondi, segretario generale della Difesa, vista di buon grado da Mosca Moschini. Botondi doveva spuntarla sul generale Mauro Del Vecchio, appoggiato dai diessini di Massimo D’Alema. I giochi erano quasi fatti. Solo che all’ultimo, come spesso accade in politica, qualcuno forte del pasticcio si è messo di traverso.
E così da una parte il ministro della Difesa Arturo Parisi, dall’altra Giuseppe Cucchi, segretario del Cesis, il coordinamento dei servizi segreti, e da tempo amico personale di Romano Prodi, hanno portato il generale Cosimo D’Arrigo al primo piano di viale XXI aprile, ovvero nella stanza dei bottoni della Guardia di Finanza. Tanto che proprio Prodi ne aveva parlato con Cucchi in una leggera colazione di lavoro a tre, dietro piazza Barberini subito dopo la pubblicazione a fine maggio su Il Giornale della deposizione di Speciale.
La Finanza in poco tempo ha visto così cambiare l’intera gerarchia di comando. D’Arrigo si insedia lunedì. E troverà nei più vicini interlocutori, alti ufficiali appena nominati. Dal 6 giugno il comandante in Seconda Sergio Favaro ha lasciato ad Angelo Ferraro, che proviene, prima dell’ispettorato dei reparti d’istruzione, dal comando interregionale del nord Italia a Milano. La casella occupata da Ferraro era quindi esattamente sopra l’intera catena di comando che Vincenzo Visco voleva rimuovere nel luglio 2006. Sopra il comandante regionale Mario Forchetti e, a scendere, del comandante del nucleo Rosario Lorusso, Virgilio Pomponi e Vincenzo Tomei. I quattro erano da trasferire, lui invece non finì nelle mire del vice ministro. Ferraro è schivo, riservatissimo, gran cerimoniere, alle spalle conta esperienze a Genova, Milano e come sottocapo al comando generale.
Attento agli equilibri, Ferraro è perfetto per rappresentare il Corpo. Ha iniziato con equilibrio esordendo gli ufficiali alla mancata cerimonia d’investitura di D’Arrigo e ha indossato la divisa nuova nel salone delle feste per la conclusione del corso superiore di polizia Tributaria alla caserma di Ostia. Andrà in pensione la prossima estate. Qualche porta più in là D’Arrigo trova il divisionario Paolo Poletti, da marzo capo di Stato maggiore, dopo esser stato sottocapo e capo delle Fiamme Gialle del Lazio. Ufficiale di attente relazioni, come quelle con leader politici del calibro di D’Alema, già presidente del Cocer, Poletti vanta la direzione di delicate indagini, come quella sul crac Cirio con le perquisizioni in Capitalia. Amante della chitarra, presenza fissa ai mondani compleanni (21 settembre) dell’immobiliarista Andrea Meschini, è amico di vip come Alex Britti.
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