Los Angeles - Prima che si separassero Brad Pitte e Angelina Jolie, la rubrica dei cuori infranti a Hollywood registrava attenzioni su un'altra coppia storica. Quella formata da Ben Affleck e Jennifer Garner. I due, che si erano incontrati sul set di Daredevil, lo scorso anno avevano annunciato la separazione. Recentemente Jennifer Garner in un'intervista ha spiegato le ragioni di quell'addio. «Ben resterà l'amore della mia vita, ma ha un lato oscuro con il quale non riesco più a avere a che fare. Quando il sole splende su di lui va tutto bene, quando splende altrove fa freddo». Ora quel lato oscuro è servito all'attore per girare The Accountant, diretto da Gavin O'Connor, accanto a un cast stellare (Anna Kendrick, J.K. Simmons, Jeffrey Tambor). Il film, bel thriller d'azione pieno di colpi di scena, lo vede interpretare un savant, autistico genio della matematica, che lavora come contabile per una organizzazione criminale.
Questo ruolo fa per lui. Il suo volto monolitico, che lo rende fra l'altro un ottimo giocatore di poker ma un attore mediocre (ha vinto due Oscar, ma come sceneggiatore e produttore) è invece perfetto per il ruolo di Christian Wolff, ragazzo dall'infanzia difficile, in grado di dialogare molto meglio con i numeri che con le persone. «Wolff è un uomo diviso fra la sua natura dolce e gentile e l'infanzia che ha vissuto, con un padre che, per prepararlo alla vita, lo ha costretto a prove durissime» spiega Affleck. Per prepararsi al ruolo, l'attore ha fatto i compiti: «Ho fatto ricerche, ho studiato i comportamenti dei ragazzi nello spettro autistico, ho cercato di entrare nella mente di un individuo che non ha alcuna difficoltà a mettere insieme un puzzle unendo i tasselli dal rovescio ma che non riesce a sorridere ad un altro essere umano, a guardare negli occhi il suo interlocutore. Mi aspetto controversie dice succede sempre quando si parla di certe tematiche. C'è gente arrabbiata lì fuori, ci sono opinioni contrastanti, c'è chi parla di vaccini che possono causare l'autismo, c'è chi ride a certe teorie. È facile toccare qualche nervo scoperto, soprattutto perché trattiamo di questo delicato argomento in un film che prevede molte scene d'azione. Immagino che qualcuno si sentirà oltraggiato, che dirà che si tratta di un tema troppo serio per inserirci qualche inseguimento e qualche esplosione, ma io credo di aver comunque reso un buon servizio alla comunità dei ragazzi autistici. E poi, dobbiamo ammetterlo, il gene dell'autismo è stato anche grandioso. Senza, non avremmo avuto Mozart e Leonardo, Einstein e Turing».
Fra gli oltraggiati ci saranno probabilmente i detrattori delle armi. Le sparatorie nel film si sprecano. «Non sono un fan, anzi, ma dovevo essere credibile, così mi sono esercitato, dovevo avere la dimestichezza di un ragazzo che è cresciuto in un ambiente militare. Poi siamo attori, sappiamo fingere. Non è che se interpreto un campione sportivo devo diventare per forza il miglior battitore al mondo, mi basta apparire credibile». Mentre parla, sotto le maniche della camicia s'intravedono ancora i muscoli ereditati da Batman. «Anche questo è un ruolo che richiede una certa fisicità, ma molto del lavoro in palestra lo avevo già fatto con Batman v Superman».
Nei panni dell'uomo pipistrello tornerà a novembre del 2017, con Justice League e poi più avanti, con un reboot delle avventure di Batman, ancora senza titolo. «Di questi tempi è molto più facile fare un film tratto da un fumetto che non un lavoro come questo, ma io non penso che i film sui supereroi siano il diavolo, anzi. Sono il modo che oggi Hollywood ha di comunicare culturalmente e socialmente con il resto del mondo. Il mercato internazionale vuole certi tipi di film dall'industria americana. Le commedie, i drammi, le pellicole romantiche certi paesi se li fanno da soli, mentre per fare un film da 200 milioni di dollari occorre avere risorse che molti non hanno».
In più c'è la televisione: «Gli adulti ora possono scegliere se andare al cinema o stare a casa davanti alla tv e fare la maratona di Trono di Spade. La qualità della tv oggi gioca un ruolo importante nella piega che ha preso l'industria cinematografica americana».
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