"Alice attraverso lo specchio" meraviglia senza emozionare

Il seguito del campione d'incassi si rivela deludente: all'intrattenimento visivo non corrisponde coinvolgimento emotivo

"Alice attraverso lo specchio" meraviglia senza emozionare

Il film "Alice in Wonderland" di Tim Burton, ispirato al celebre libro "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carroll, incassò nel 2010 la cifra esorbitante di un miliardo di dollari in tutto il mondo. A sei anni di distanza da quel trionfo al botteghino, arriva nei cinema il seguito ma, stavolta, Burton compare in veste di co-produttore (assieme alla Disney) e lascia la regia a James Bobin, cineasta dal talento visionario assai più limitato. Il risultato è facilmente intuibile: in questo "Alice attraverso lo specchio" (altro titolo in prestito da Carroll), le emozioni latitano e anche il senso di meraviglia è assai ridotto rispetto a un primo film che già non era un capolavoro.

Alice (Mia Wasikowska) è stata cinque anni a bordo di una nave come capitano. Al rientro a Londra, durante una festa, scopre che la compagnia per la quale lavora è ora guidata da un individuo sgradevole di cui aveva rifiutato la proposta di matrimonio. L'uomo, sebbene si sia nel frattempo sposato, sembra portarle rancore e le sottopone, appena possibile, questioni contrattuali assai svantaggiose. Alice, presa dallo sconforto, è però distratta da una farfalla blu in cui individua il brucaliffo. La segue attraverso uno specchio magico e torna, in questo modo, nel Paese delle Meraviglie. Qua tutto è rimasto intatto ad eccezione del Cappellaio Matto (Johnny Depp), depresso a causa di quanto avvenuto in un'epoca lontana alla sua famiglia. La ragazza, per aiutarlo, si recherà al castello del Tempo (Sacha Baron Cohen) per tornare nel passato e sistemare le cose.

L'avventuroso viaggio che attende Alice racconterà molto delle origini di altri personaggi, in particolare spiegherà la genesi della morfologia macrocefala della Regina Rossa (Helena Bonham Carter). Il punto è: ce n'era davvero bisogno? Del libro di Carroll del 1871 restano solo il titolo e alcune figure chiave. La banalità del plot e il ridondante peregrinare avanti e indietro lungo gli oceani del tempo riducono lo spettatore a passivo fruitore di immagini per buona parte della durata del film.

Gli effetti speciali sono sicuramente di ottimo livello e la cura dei dettagli impressionante ma, così come l'avventura cede in alcuni punti alla noia, la meraviglia creativa diventa talvolta mera e chiassosa bizzarria. Qualche piccola riflessione sull'importanza del tempo e un cast dai nomi altisonanti non bastano a dissimulare l'evidenza: siamo in un film in cui la forma prevale di gran lunga sulla sostanza.

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