Altro che horror. I cartoni animati fanno più paura

L'allarme degli psicologi: ci sono più morti cruente nelle pellicole per bambini che in quelle per adulti. E il lieto fine non le cancella...

Una scenda da "Alla ricerca di Nemo" (2013)
Una scenda da "Alla ricerca di Nemo" (2013)

«Era meglio morire da piccoli...», recitava l'irriverente canzoncina. Un modo di dire, una provocazione goliardica. Invece, che sia meglio morire per i piccoli è un inquietante dato di fatto. Ci riferiamo ai film di animazione destinati appunto ai nostri figlioletti o nipotini. Storie che, quanto a decessi più o meno cruenti, si fanno un baffo dei vari Rambo, Hannibal Lecter e compagnia scannando.

Il dato inquietante emerge da una ricerca condotta dall'University College di Londra e dall'Università di Ottawa, pubblicata sul British Medical Journal , secondo cui i protagonisti dei vecchi o nuovi lungometraggi tipo Biancaneve e i sette nani o Peter Pan , per risalire quasi agli albori del genere, passando per Pocahontas o A Bug's Life , The Croods o Frozen o Dragon Trainer hanno il doppio delle probabilità di morire rispetto a quelli delle pellicole drammatiche e dell'orrore. Un' équipe che immaginiamo composta da cinefili-criminologi ha infatti esaminato ben 45 titoli destinati al pubblico dei minori usciti fra il 1937 e il 2013 e ha scoperto che lì dentro, in quelle che dovrebbero essere tutto sommato favole edificanti ed educative nel solco di nonno Esopo, si crepa che è un piacere. In due terzi dei cartoon, almeno un personaggio importante se ne va al Creatore in un modo che nessuno augurerebbe al proprio peggior nemico, mentre nei film per adulti gli ammazzamenti riguardano soltanto la metà degli attori. Particolare non trascurabile: nelle opere che, sempre con le migliori intenzioni, sottoponiamo a povere creature innocenti le probabilità della tragica dipartita di un genitore sono cinque volte maggiori che nel resto dell'universo cinematografico. E poi li chiamano, con tono mellifluo, film per famiglie...

Ora, che le narrazioni fabulose, fin dalla notte dei tempi, affondino le radici nell'atavica paura della morte, è un'ovvietà. Basti pensare alla tradizione secentesca, e gotica, e romantica e tardoromantica da cui attingono fuoriclasse come La Fontaine, Perrault, i fratelli Grimm... Orchi e megere, draghi e non-morti, lupi e altre belve assortite sono il necessario Male contro cui lotta il Bene, e non sempre la partita finisce nel modo sperato. Perché nel dribblare gli snodi grandguignoleschi delle trame, evidentemente gli sceneggiatori non hanno la stessa abilità di un Lionel Messi o di un Cristiano Ronaldo. Osservate i vostri piccoli quando seguono le narrazioni oggi glamourizzate dal 3D: si divertono, sì, ridono spesso anche a crepapelle, è vero, ma sempre con un retropensiero (perché loro pensano, anche più dei grandi) di inquietudine, di tensione. Si aspettano il peggio, e c'è da temere che a furia di cartoni, animati e uccisi, l'abbiano ormai metabolizzato a futura memoria.

In una recente intervista, uno che di paura se ne intende, il mago del brivido Stephen King, ha dichiarato d'esser rimasto traumatizzato dal primo film dell'orrore (lo chiama proprio così) visto: Bambi . La madre del tenero cerbiatto uccisa da un cacciatore è in effetti molto più che un colpo di scena. È il logico, quindi non favolistico, sbocco di una vicenda ambientata, sulle prime, in un mondo edenico tutto rose e fiori, farfalle e incantevoli boschi. E il mitico Tarzan ? I ricercatori hanno fermato il cronometro e preso nota del misfatto a 4,08 minuti dall'inizio del film, quando i genitori del futuro eroe vengono sbranati da un leopardo. Sul filo di lana, Nemo batte Tarzan : la mamma del simpatico pesciolino finisce nella bocca di un barracuda a 4,03 minuti dall'inizio.

Nei film per adulti le maggiori cause di morte sono defenestrazioni o cadute (nel 33% delle pellicole esaminate), seguite dalle armi da fuoco (14%), mentre per i più piccoli è l'attacco da parte di animali a prevalere (11,1%, la stessa percentuale delle cadute). Certo, poi arriva il lieto fine, ma...

«un bambino piccolo - dice la psicologa Anna Oliverio Ferraris - spesso non riesce a collegare le scene più crude con il lieto fine, gli rimangono impresse solo quelle che suscitano le emozioni più forti». Avanti di questo passo, raggiunta la maggiore età i piccoli di oggi rischiano di slogarsi le mascelle per gli sbadigli vedendo, in Psyco , la bella Janet Leigh accoltellata nella doccia dallo schizzato Anthony Perkins.

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