"Amo portare il pubblico dove non è mai stato con il corpo e la mente"

Il regista parla di "Tenet", il suo film in uscita "È l'apoteosi di tutte le mie idee sul tempo"

"Amo portare il pubblico dove non è mai stato con il corpo e la mente"

Los Angeles. Sarà il primo film nelle sale dopo l'emergenza sanitaria che ha chiuso a doppia mandata le porte dei cinema di tutto il mondo. Tenet, undicesimo film di Christopher Nolan, girato attraversando tre continenti e sette nazioni (Italia compresa, con una puntata nelle cristalline acque della costiera amalfitana) arriverà, dopo vari rinvii, nelle sale italiane il 26 agosto, prima del debutto americano, dove la situazione sanitaria non permette ancora la riapertura delle sale.

Doveva essere un film importante a tenere a battesimo il ritorno del pubblico al cinema dopo la pandemia, e Christopher Nolan, il regista di Memento, Inception, Il cavaliere oscuro, Interstellar e Dunkirk, in questo senso è una garanzia. Gli addetti ai lavori ne sono certi: Tenet saprà celebrare l'importanza del momento.

Interpretato da John David Washington, stella nascente del panorama hollywoodiano e figlio d'arte (è stato il protagonista di BlacKkKlansman di Spike Lee ed è figlio di Denzel Washington) e dall'ex vampiro di Twilight Robert Pattinson - oltre che da Martin Donovan, Elizabeth Debicki, Kenneth Branagh e Michael Caine -il film è difficilmente riconducibile a un genere. Tenet, parola palindroma che può essere letta sia da destra a sinistra che viceversa, è una chiave, che può aprire porte più o meno buone, e che ha a che fare con un concetto del tempo malleabile, come spesso accade nei film di Nolan.

Mr. Nolan, come mai la nozione di tempo la interessa così tanto?

«Del tempo amo dire questo: ci sono sempre vissuto dentro, quindi mi affascina. Nel mio lavoro poi, c'è un elemento in più, c'è un'interessante relazione fra come funziona un film e la nozione del tempo al suo interno, come lo scorrere di un film si relaziona con esso».

E Tenet come si colloca fra i suoi lavori?

«È l'apoteosi di tutte le idee di tempo che ho esplorato con i miei film in passato, da Memento in avanti. La storia di Tenet crea una realtà fisica di concetti che avevo esplorato in passato, e che ho voluto approfondire».

È anche una storia di spionaggio.

«Anche. Ho sempre amato mischiare i generi e da tempo volevo raccontare una spy story, ma sapevo anche che non ero interessato a fare un film come quelli che guardavo da ragazzo. Quindi ho preso una storia di spionaggio e l'ho trasformata così tanto da - spero - sorprendere il mio pubblico».

Il protagonista è una stella in ascesa a Hollywood, John David Washington.

«È da quando l'ho visto nel film di Spike Lee, BlacKkKlansman che ho deciso che lo avrei contattato, che avrei voluto lavorare con lui. Ha molto talento».

Girando avete toccato tre continenti e sette nazioni, Stati Uniti, Estonia, Italia, Danimarca, Norvegia, Inghilterra e India. In Italia siete stati a Ravello e sulla costiera amalfitana...

«Sono stato a Ravello e in costiera varie volte e mi sono sempre chiesto perché certi luoghi non sono stati usati più spesso al cinema, sono di una bellezza spettacolare. Ovunque punti la cinepresa riprendi meraviglie, sia naturali che architettoniche. Non è stato facile girare, perché era un periodo dell'anno un cui quei luoghi erano molto affollati e la maggior parte delle riprese erano da una barca, ma la cooperazione e l'aiuto da parte dell'amministrazione locale sono state splendide e le maestranze locali grandiose».

Possiamo definire i suoi film come gli ultimi kolossal?

«Se si riferisce allo sforzo produttivo direi di sì. Mi piace fare film di questa grandezza perché mi piace trasportare il pubblico in posti e situazioni in cui non è mai stato, fisicamente ma anche intellettualmente. Volevo fare un film che trascendesse dai confini nazionali. Non è ambientato soltanto in America e non è un film sull'America per sé. È un film sulla sopravvivenza dell'intera razza umana».

Niente di più attuale. Eppure l'idea è nata prima della pandemia.

«Abbiamo concluso le riprese prima che scoppiasse l'emergenza. Un film così non si potrebbe più fare, ora. L'idea di spostare un carrozzone come il nostro attraverso tutti quei Paesi è, in questa situazione, francamente assurda.

Passerà del tempo prima che le cose tornino normali e non so come cambierà l'industria del cinema dopo la crisi del Covid-19. Quello che so, anche per averlo imparato girando questo film, è che in fondo gli uomini sanno adattarsi alla situazioni, sanno imparare, e sanno andare avanti al meglio possibile».

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