La goccia che ha fatto traboccare il vaso, quantomeno il mio vaso, è stata la Fratelli tutti, l'ultima enciclica. Non mi aspettavo nulla di buono, chiaro, però non mi aspettavo nulla di esplicitamente cattivo. Pensavo, o forse speravo, perché come San Tommaso mi accontento del male minore, nella tradizionale ambiguità gesuitica. È lo stile per intenderci della Amoris laetitia, esortazione apostolica grazie alla quale, in materia di comunione ai risposati e ai conviventi oggi ogni vescovo, ogni sacerdote, ogni fedele può fare come più gli aggrada. Speranze vane, appena ho cominciato a leggere ho cominciato a stropicciarmi gli occhi, subito mi è sembrata una parodia, un brutto scherzo tirato a noi cattolici, già tanto sballottati, da qualche hacker ateista. Purtroppo non era uno scherzo: ho verificato, il sito era proprio quello del Vaticano, il testo era proprio quello dell'enciclica firmata Francesco «ad Assisi, presso la tomba di San Francesco, il 3 ottobre, vigilia della Festa del Poverello, dell'anno 2020, ottavo del mio Pontificato». E così al numero 3 del documento ho visto il Papa nudo. Dottrinalmente nudo. Non è stato un bello spettacolo. Per sette anni, per un lunghissimo tempo che inizia col desolante «Buonasera» pronunciato dalla loggia di San Pietro, ho provato a negare l'evidenza, ricordandomi il «non praevalebunt» del Vangelo di Matteo, immaginandomi lo Spirito Santo presente nel conclave. Da uomo religioso, consapevole che la fede individuale non basta, cercavo di concentrarmi su Gesù e non sui gesuiti. Ma stavolta al punto 3 sono crollato: in poche righe ho visto falsificate le Fonti Francescane e ho letto un'esortazione a sottomettersi all'islam. L'apostasia ha smesso di nascondersi, mi sono detto. E io ho smesso di andare a messa.
Dopo qualche settimana di macerazione, nostalgico del rito domenicale, ho deciso di chiedere lumi ad alcuni ferratissimi fratelli in Cristo. Esortandoli alla prima opera di misericordia spirituale, consigliare i dubbiosi, ho posto loro una domanda lunga e difficile (fosse stata facile mi sarei risposto da solo): «A un cattolico che non riesce più ad andare a messa, perché non in comunione con un Papa da lui considerato non più cristiano ma indifferentista, un Papa che nella Fratelli tutti (punto 3) invita alla sottomissione all'islam, un Papa che (documento di Abu Dhabi) smantella l'unicità e l'universalità salvifica di Cristo, un Papa che da anni promuove una religione mondana, politica, partitica e antibiblica, dimentica del peccato originale e compiacente verso il peccato di Sodoma, che cosa risponderesti affinché a messa ci torni?».
Visto lo sbandamento generale, confermato dal continuo calo di affluenza alla messa, penso che le risposte non interessino solo me. «Risponderei che la Messa è eterna, il Papa no» mi scrive Antonia Arslan. «Andiamo a Messa per incontrare il Cristo vivente. I vari Papi possono fare (e dire) tante cose, ma vivono nel loro tempo, del quale inevitabilmente sono figli; e poi muoiono. Molto di quello che hanno scritto o fatto viene dimenticato, passa come una nuvola nel vento, diceva il mio personale salmista». Parole dolci e confortanti, quelle della scrittrice padovana di origine armena.
Ugualmente padovano, però meno dolce, è Ferdinando Camon: «Questo Papa è un grande, sta nella Storia nei modi che la Storia gli permette, ma se accadrà che avremo un Papa indigno, etiam in indigno dignitas Petri non minuitur». Pensare che l'ho interpellato dopo aver letto Fabula veneta, libro di interviste in cui ammette l'esistenza di una neo-chiesa: «Io sono stato forgiato dall'idea che il mio Dio non è il Dio degli altri. Che tra Cristo e Allah non c'è compatibilità. La nuova chiesa di Bergoglio applica questa compatibilità». E dunque oggi si può essere al contempo papisti e sincretisti...
Urge Roberto Dal Bosco, autore di libri contro il buddismo e contro l'induismo, il cattolico meno ecumenico che conosca: «Il mio universo era andato in frantumi già dai primi giorni di Bergoglio. Ho attraversato il deserto, anni senza messa. Poi ho trovato una chiesa del Duecento e sono riuscito a riaprirla al culto, il culto vero, fatto dal vero rito, e da veri sacerdoti, oltre che da veri fedeli». Dove? «A Costozza sui Colli Euganei, chiesa di Sant'Antonio Abate. La messa, fatta esistere ovviamente contro il parere della gerarchia, si è riempita di persone, da ogni dove, di ogni estrazione culturale, di ogni estrazione sociale, perfino stranieri. Hanno cominciato a fioccare i sacramenti. Estreme unzioni, che oramai sono quasi negate. Processioni. Battesimi».
Peccato non abitare sui Colli Euganei bensì in Emilia come Massimiliano Fiorin, raro caso di avvocato antidivorzista. Ha scritto libri sulla conciliazione famigliare e coerentemente mi invita alla conciliazione ecclesiastica: «Consiglio di aggrapparsi a Sant'Agostino, che sul problema della validità dei sacramenti celebrati da un sacerdote indegno rispondeva che non è nei sacerdoti (e quindi nemmeno nel Papa o nei vescovi, figurarsi nella Cei) che si deve riporre la propria speranza».
Elisabetta Frezza, giurista anti-gender, non concilia affatto: «Poiché la neochiesa è cosa diversa dalla Chiesa di Cristo, per non dire proprio capovolta, non potrei far altro che dargli il benvenuto tra gli oranti disertori di riti blasfemi. Io mi attacco al rosario, vado nelle chiese vuote e silenziose, ammiro la spiritualità degli ortodossi».
Qualche anno fa assistetti a un'ammirevole messa in latino nella chiesa di San Giuseppe a Bari Vecchia. Fra i chierichetti c'era il campione della nuova arte sacra Giovanni Gasparro, che mi risponde così: «A un fedele di quest'epoca post cattolica, in cui le gerarchie sono in apostasia manifesta, suggerirei di cercare la Messa tridentina, immutabile nel suo bimillenario deposito di Fede certa e adorazione perfetta di Dio».
Anche Enrico Gotti Tedeschi, firmatario della «correzione filiale» che elenca le 7 eresie pronunciate dal Papa nella Amoris laetitia, consiglia di scegliersi la chiesa giusta: «La Santa messa cui cerco di partecipare poi non è celebrata dal papa, ma da un sacerdote che potrebbe anche essere un santo Curato d'Ars. Ce ne sono più di quanto non si creda: bisogna cercarli. Come si può rinunciare alla Santa Eucarestia che ci dà la forza e il coraggio di vivere?».
A Giovanni Marcotullio, specialista di patristica, invidio la conoscenza di greco ed ebraico, e l'incrollabile fede petrina: «Il mio padre spirituale, gesuita anch'egli, mi ha insegnato: Tieni sempre distinta la Santa Sede, che è cosa venerabile, dal Vaticano, che spesso neppure è cosa seria. Ti assicuro che io vedo distintamente gli scivoloni del Vaticano, non solo recenti, ma nel Magistero di Pietro riconosco pur sempre il carisma della Santa Sede. Prega per il Papa a maggior ragione se ti sembra che sbagli».
Al momento confido di più nel carisma di Costanza Miriano, sarà che scrivendo non è scivolata mai: «Io vado a messa (tutti i giorni) perché a me interessa tantissimo Cristo, unico mediatore tra noi e Dio: voglio vederlo, stare con lui, mangiarlo, perché nel mio sangue scorra il suo. Lui ha stabilito che non lo cerchiamo da soli, ma attraverso la sua Chiesa, e non mi importa quanto sia peccatrice e indegna, è la sua e io provo ad amarla perché è lui che ce lo chiede».
Davide Rondoni è altrettanto cristocentrico: «A Messa non ci si va per assenso o dissenso coi Papi ma per mangiare il Corpo di Cristo. Cosa che nessun Papa fosse il più peccatore o eresiarca può impedire».
Può darsi che il Papa non possa ma credo che il Papa, frapponendosi fra il tabernacolo e me, faccia di tutto per impedirmelo e dunque mi risulta formidabile la risposta di Marcello Pera. L'ex presidente del Senato suggerisce di andare a messa per recitare una preghiera clandestina: «Perché papa Bergoglio finalmente comprenda che la Tua è parola di salvezza e non di giustizia sociale, ascoltaci o Signore.
Perché papa Bergoglio cessi di credere che la Tua misericordia annulla il Tuo giudizio, ascoltaci o Signore. Perché papa Bergoglio non continui a indurci nella tentazione di farci credere che Tu sei un Ente indistinto a cui ciascuno può dare indifferentemente il volto che meglio crede, ascoltaci o Signore».
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