Quella biondina timida che ha brillato con "Grease"

Simbolo degli Anni '70, raggiunse il successo planetario con il musical. Poi la carriera come cantante costellata di hit

Quella biondina timida che ha brillato con "Grease"

Alla fine se ne è davvero volata via a bordo di una scintillante roadster Mercury come in Grease. Ieri mattina Olivia Newton John ha detto basta a una guerra lunga trent'anni, quella al cancro al seno che la assediava da quando stava presentando il disco Back to basics e, maledizione!, si accorse che doveva farsi operare, e poi doveva affrontare la chemioterapia, e poi doveva mettere tra parentesi una carriera stellare. «È morta pacificamente nel suo ranch nel sud della California» ha scritto suo marito John Easterling.

Addio Olivia, una delle stelle più sfortunate dell'Hollywood Boulevard, bravissima, umile, versatile. Nata nel 1948 a Cambridge vicino all'Università ma quasi subito australiana al seguito della famiglia, Olivia Newton John è, come Liza Minnelli o Judy Garland, un prodigio della versatilità. Cantante per vocazione. Attrice per scelta. Diva per volontà di una generazione. Chi oggi la piange, ha pianto e sorriso vedendo e rivedendo la storia d'amore di Danny e Sandy, di John Travolta nel ruolo che avrebbe dovuto essere di Henry Winkler, cioè Fonzie, e di Olivia nella parte della studentessa australiana che per amore si presenta vestita di pelle, i capelli arricciati, la sigaretta tra le dita e un accendino sotto i luoghi comuni della brava ragazza anni Cinquanta. Se c'è una donna che ha simbolicamente lottato per le donne, eccola qui Olivia «Sandy», bravissima ragazza che rimane bravissima anche inseguendo l'amore con un bulletto ballerino. Grease uscì nel 1978, è tuttora il musical cinematografico più visto di sempre, probabilmente il più ricco, sicuramente il più prezioso per chi usciva dall'adolescenza e si ritrovò in un mondo parallelo al grigiore degli anni Settanta, un metaverso ante litteram fatto di rock'n'roll e brillantina mentre esplodevano il punk e i capelloni, di sentimenti conservatori mentre altrove si celebrava l'amore libero, di collegi severi mentre nelle università si pretendeva il 18 a tutti i costi.

Olivia Newton John era perfetta per questo ruolo. Bionda, lineamenti dolci, bella fama da cantante perché aveva già vinto un Grammy Awards con I Honestly Love You. In fondo la musica è sempre stata la vera missione di una carriera iniziata nel 1966 con un brano volatile e poi decollata con le tournèe al fianco di Cliff Richard, il quarto posto all'Eurovision Song Contest del 1974 e infine Grease, il film che con La febbre del sabato sera è diventato la colonna sonora di una, anzi due generarazioni. «È stata la più bella estate della mia vita ma adesso è finita», dice Sandy. «No, questo è soltanto l'inizio» risponde Danny Zuko imbrillantinato. Una delle coppie che allora non si definivano ancora «iconiche» ma che poi sono tra le poche che dureranno per sempre. Dopo Grease, Olivia Newton John inanella successi e pure tracolli (l'album Physical del 1981 fu un trionfo, il musical Xanadu funzionò solo con la colonna sonora), ritorna di nuovo con John Travolta in Two of a kind (Due come noi) che nessuno o quasi si ricorda e incide persino un adattamento in inglese di Tutta la vita di Lucio Dalla (1988). Ma Sandy resta Sandy.

Anche quando recita nel video Liberian girl di Michael Jackson o arriva in Italia a Ti lascio una canzone nel 2011 o canta per settimane al Flamingo di Las Vegas nel 2014 con la sua voce dolce, i pezzi famosissimi, le Summer nights e la Hopelessly Devoted to You che tutti ancora oggi mandano a memoria. «Sarò per sempre il tuo Danny» ha scritto John Travolta ieri sera al volo su Instagram promettendo che «ci vedremo lungo la strada».

E in effetti con questa donna forte e sfortunata, con l'attrice che ha combattuto un cancro per trent'anni senza riuscire a vincerlo, muore anche un po' della favola bella e rock'n'roll che alla fine degli anni Settanta riportò il sorriso e i sentimenti a una generazione che se li era scordati.

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