Capita di sentir dire che il tale autore è talmente interessante che varrebbe la pena di leggerlo anche se pubblicasse la lista della spesa. Ebbene, Diario A Year with Swollen Appendices di Brian Eno (Jaca Book, pagg. 446, euro 30, traduzione di Paolo Bertrando), l'edizione del venticinquesimo anniversario della bizzarra opera del grande produttore e musicista britannico, contiene pure indicazioni dello shopping da lui effettuato in un determinato giorno. Non la lista della spesa, insomma, ma poco ci manca.
A lungo noto più per le molteplici, prestigiose collaborazioni che per la propria attività artistica personale, Brian Eno ha finito per ritagliarsi un importante spazio individuale nel gotha dell'arte contemporanea, non solo della musica britannica. Molti probabilmente non lo riconoscerebbero se lo incontrassero per la strada perché per anni Eno non ha avuto una vera immagine pubblica, comparendo di rado sui media in prima persona e finendo per essere il prototipo dell'uomo ombra. Eclettico nei gusti e negli interessi, Eno vanta un curriculum di collaborazioni straordinarie nelle vesti di produttore, avendo lavorato al fianco di artisti come Robert Fripp, David Bowie, David Byrne, John Cale, Ultravox, Devo, U2, Coldplay, Daniel Lanois, Laurie Anderson, Grace Jones, James e Damon Albarn.
Qualcuno potrebbe pensare che la scelta di pubblicare il diario di un anno, il 1995, indichi un ego un tantino smisurato e, in un certo senso, così è. Ma il mondo della musica è zeppo di opere pensate per soddisfare un narcisismo peraltro in larga parte voluto dai fan. Diario A Year with Swollen Appendices è la «edizione del venticinquesimo anniversario», come recita il sottotitolo. La veste è sontuosa e si avvale di una nuovissima introduzione nella quale Eno, più che cosciente del proprio ruolo, mostra di che pasta sia fatto sul piano intellettuale. Riflettendo su quelle che, nel 1995, erano le nuove tecnologie e sull'allora rivoluzionario Wi-Fi, oggi strumenti della quotidianità, Eno si dice convinto che «un nuovo linguaggio emerga quando ci sono cose nuove di cui parlare per cui più nuove cose arrivano velocemente, più linguaggio nuovo ci serve». A suo dire, poche parole nuove sono comparse nell'arte, nella religione e nella filosofia. Tantissime, invece, sono nate sui social media e l'autore ce ne snocciola un lungo elenco.
Talvolta i libri nascono quasi per caso. Diario di Brian Eno è frutto di un impegno preso dall'autore a fronte di un cospicuo anticipo di 100mila sterline che per anni non aveva visto il minimo risultato. E il 1995 fu per Eno un anno particolarmente denso di progetti: James, David Bowie, Passengers e Jah Wobble. Certo, ci sono le liste della spesa: «Alzato molto tardi... Letto Popper a colazione... Comprate alcune camicie in un negozio... Camminato tutta la mattina... Comprato libri».
Ma c'è pure una corposa sezione finale dalle pagine di carta rosa, una raccolta di pensieri in libertà attraverso cui Brian Eno entra più nel dettaglio della sua attività artistica e dei suoi interessi, con capitoli come Ambient Music (di cui fu l'indiscusso pioniere), Celebrities e beneficenza (una sorta di ossessione al bene che accomuna rockstar e rampolli di famiglie aristocratiche), Clock Library (l'idea di un orologio che diventi «un'incarnazione del tempo profondo»), come pure una serie di lettere aperte a svariati musicisti celebri.
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