Il burocrate è un mostro che si nutre di sangue (e stupidità)

Un giorno di ordinaria follia in Messico con una moglie che, nel tentativo di curare il marito malato di tumore con un trattamento che l'assicurazione sanitaria non vuole coprire, si ritrova insieme al figlio a inseguire - pistola alla mano - i dirigenti di quella società per fargli cambiare idea. Ecco Un mostruo de mil cabezas (Un mostro con mille teste) del regista uruguaiano ma messicano d'adozione Rodrigo Plá che ha aperto il secondo concorso di Venezia 72, quello di «Orizzonti». Ma se l'assunto di partenza (come nei due film precedenti di Plá tratto da un romanzo della moglie stessa, Laura Santullo) non è una novità originalissima, è invece il modo con cui il regista lo mette in scena a convincere e sorprendere. La costruzione della giornata in crescendo di Sonia Bonet, interpretata da Jana Raluy, è raccontata in maniera frammentata e temporalmente non lineare con il processo penale a cui la protagonista è stata successivamente sottoposta che nel film non si vede mai ma si sente solo attraverso le voci off. Solo sui titoli di coda assistiamo all'ingresso del giudice senza però conoscerne il verdetto. «I film - racconta il regista - non sono come un discorso, io non voglio dare messaggi. Anche per questo il giudizio si interrompe per lasciare questo spazio agli spettatori che decideranno cosa succederà».

Un mostruo de mil cabezas però dà tutti gli elementi per capire come le azioni della donna siano dettate sì dalla disperazione ma in fondo razionali e conseguenti rispetto agli eventi che via via si susseguono, a partire da quello scatenante con il medico curante che si fa negare perché ha la partita di squash: «A noi piacciono i personaggi che si incontrano in momenti in cui possono prendere delle decisioni, di fronte a un'opzione c'è sempre una scelta morale da prendere», dice il regista che alle Giornate degli autori di Venezia nel 2001 con il suo film d'esordio La zona ha vinto il Leone del Futuro dedicato alla migliore opera prima. PArm

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