Nostro inviato a Nonantola (Mo)
In effetti è quasi irriconoscibile: capelli cortissimi, niente cappello, occhiali alla moda, mocassini bianchi invece dei soliti stivaloni. Per non dire poi della chiusura del concerto, una vera sorpresa. Il Francesco De Gregori che l'altra sera al «Vox Club» di Nonantola ha iniziato uno dei tour più particolari della propria carriera, è rinnovato ma identico. Nuovo look ma stessa intensità sul palco. Dopo il concerto scherza: «Il cappello sopra i capelli corti non sta bene». Ma dal vivo ha dimostrato di stare benissimo con una band particolare perché trova il ritmo nelle parole e nella musica ma non nella batteria, che infatti non c'è: «Ormai i batteristi suonano troppo precisi e la ripetizione alla lunga mi annoia». Perciò dal Vox Club ha iniziato un giro del mondo nei club che passerà dall'Europa (compreso il Bataclan di Parigi il 20 ottobre) fino agli Stati Uniti dove non ha mai tenuto concerti: «Al Regent Theatre di Boston e alla Town Hall di New York sarò me stesso e canterò in italiano anche i pezzi che ho rielaborato dal repertorio di Bob Dylan. Il pubblico protesterà? Non credo. A Parigi ho visto Dylan cantare in inglese Les feuilles mortes di Yves Montand e nessuno si è lamentato. Spero e penso che sia così anche per me davanti a un pubblico italiano di prima o seconda generazione ma pure americano».
Quand'è sul palco, Francesco De Gregori, 66 anni, si affida alla voce e alla gestualità per rendere le canzoni. Non solo quelle grandi e inevitabili, come La leva calcistica della classe 68 o Generale o Rimmel, tutte concentrate nella seconda parte. Ma anche in brani come l'iniziale Numeri da scaricare che «non ho mai cantato dal vivo». Allarga le braccia, segue sinuoso il ritmo del bassista, dà il tempo alla chitarra slide e, in tutto questo, non sbaglia un attacco, non ha un calo di voce, è preciso come davvero deve essere un Principe che ancora una volta prova a misurarsi con il proprio repertorio. Certo, il pubblico che riempie il «Vox» è dalla sua parte, applaude, partecipa, canta in coro Viva L'Italia o Buonanotte Fiorellino o La donna cannone senza abbandonarsi alla lacrima nostalgica di chi rivive un tempo che crede perduto. Il pubblico di De Gregori spesso lo segue dal primo disco di 45 anni fa ma è ancora curioso di novità o, quantomeno, di sprazzi di novità all'interno di capolavori che hanno segnato un paio di generazioni. Così, quando De Gregori attacca 4 marzo 1943, che il suo amico Lucio Dalla portò al Festival di Sanremo del 1971, in platea c'è il fremito malinconico di chi sa di non poterli rivedere mai più insieme ma anche la curiosità di scoprire quali riflessi nuovi avrà quel brano. «Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare» cantano tutti insieme, quasi fosse un mantra. Dopotutto, il riservatissimo De Gregori ha avuto pochi incontri in carriera, ma tutti speciali. Lucio Dalla, ovvio. Poi «il molto riservato» Vasco Rossi, del quale ha cantato Vita spericolata ed è stato ricambiato con una bella versione di Generale: «Mi chiamava per dirmi bello quel brano, primo o poi lo farò» (e lo imita sorridendo, ndr). E infine Ligabue, che «non voglio dire sia più generoso di Vasco ma forse sì, e l'ho cercato per duettare in Alice per la sua voce da orco» (detto con un sorriso complice, ndr).
In sostanza, un concerto forse poco provato e con qualche genuina sbavatura («Preferisco suonare davanti al pubblico che provare in una sala vuota») ma intenso alla vecchia maniera, rispettando il Dna di ciascun brano pur modificando, o asciugando, parte degli arrangiamenti. «Dylan stravolge i propri classici fino a renderli irriconoscibili? Il pubblico ha diritto di ritrovarsi davanti un artista sincero e lui è sincero così. Se lo sentissi cantare una Like a Rolling Stone uguale al disco, direi che è bravo a copiare se stesso. Ma non lo farà mai, non è il suo stile».
Anche lo stile De Gregori è spesso sorprendente.
Come quando sale sul palco per l'ultimo brano insieme con la moglie Alessandra Chicca' Gobbi per una Anema e Core che nessuno si aspettava (e che si ascolterà in tante altre date del tour). Oppure quando dice con nonchalance che «mi piacerebbe suonare con una band di ragazzini, e ci sono andato anche vicino». E magari prima o poi lo farà. Dopotutto, il Principe perde il pelo ma non il vizio (di stupire).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.