Carmen Consoli, un "disco da band"

La "cantantessa" pubblica "Volevo fare la rockstar". E si iscrive all'Università

Carmen Consoli, un "disco da band"

Ma per fortuna non è cambiata. Carmen Consoli torna con canzoni inedite dopo sette anni, il disco si intitola Volevo fare la rockstar e ha la stessa energia dell'esordio Due parole del 1996. Ma soprattutto lei è rimasta inimitabile, è sempre «la cantantessa» (definizione di Battiato) che ha una cifra musicale immediatamente riconoscibile e una sensibilità rara nella ricerca del linguaggio. Un testo di Carmen Consoli lo riconosci senza neppure ascoltarlo: basta leggere, ad esempio, i versi di L'aquilone o Le cose di sempre per rendersi conto che lo stile è il suo, capace di mescolare sogno, malinconia e fiaba scegliendo parole inconsuete o mescolandole in modo imprevedibile. «In passato ho sempre detto che i miei dischi mi piacevano. Ma stavolta ammetto che ne sono entusiasta. Abbiamo giocato con i testi e con la musica spesso fino all'alba, lavorando come una band con Massimo Carloforte e Toni Carbone dei Denovo». Risultato: «In una settimana abbiamo registrato quasi tutto». E così Volevo fare la rockstar è una sorta di ritorno al passato di Carmen Consoli, a quei carati che dalla fine degli anni Novanta l'hanno inserita tra i talenti puri della nostra canzone d'autore.

Ma c'è di più.

C'è una ricerca musicale più larga e spregiudicata, dal vago «beachboysmo» di Mago Magone ai bassi profondi stile Motown di Sta succedendo. E c'è pure un utilizzo corposo e consapevole degli archi, che lei ha scritto e diretto in Una domenica al mare, primo singolo, primo assaggio collettivo di un disco che è dall'altra parte rispetto al mainstream, non si ubriacherà di streaming, non sarà pompato dalle stories su Instagram ma porterà ascolti consapevoli, pacati, sicuramente ripetuti.

«Non volevo deludere nessuno, ma neppure vivere di rendita» spiega lei parlando di queste nuove canzoni e, di conseguenza, della sua vita vissuta ogni giorno. «Volevo fare la rockstar ma in realtà faccio l'olio» scherza riferendosi all'uliveto di preziosa Nocellara che si stende vicino a Noto: «Portiamo le olive al frantoio e poi assaggio l'olio appena franto con il pane» racconta con accento di sicilitudine profonda e sincera prima di spiegare che «studiando forse sono persino ringiovanita».

Si è diplomata al Berklee College e adesso si è iscritta all'Università, Facoltà Architettura perché «la musica è architettura liquida». Ammette che sarà difficile laurearsi, anche se studia e le prime lezioni sono state «metabolizzate» nei testi di Armonie numeriche e L'aquilone. «Bisogna studiare», spiega nell'epoca in cui tutti si sentono già «imparati». E poi cita Bacone: «»L'uomo tanto può quanto sa». E ancora: «Non è vero che il tempo è denaro, prendiamoci quello che basta per approfondire». Insomma Carmen Consoli è una cantantessa ma anche di più.

È un'artista a metà strada tra tutto che all'improvviso spiega come la felicità sia «un valore extrasociale» e che bisognerebbe calcolare il Fil, non il Pil, «la Felicità Interna Lorda», il vero termometro del nostro benessere. Chapeau.

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