La vera star, a ben vedere, sarebbe lei. Lidia Bastianich non fa la dura, non sibila «io muoro» fissando con sguardo perfido il povero aspirante chef incappato in qualche errore, non canta nemmeno come una rockstar, come ha imparato a fare il carismatico figlio Joe nella pause di gloria da MasterChef. Però tutto parte da lei - e infatti è stata ingaggiata come giudice della versione per bambini - da questa signora dotata di modi educati e di un sorriso saggio, dalla sua passione per la cucina e la ristorazione, e dal suo amore per i sapori «originali» della sua terra natia. E sì, poi, anche da quella fuga da ragazzina con la famiglia, da Pola, nei giorni in cui Istria e Dalmazia perdevano ogni speranza di essere Italia. «Furono giorni terribili - spiega lei con gli occhi che affogano immediatamente nel passato - La guerra era finita da poco e d'improvviso noi, che eravamo italiani, ci ritrovammo in territorio yugoslavo. Dovevamo andarcene, finimmo come profughi nella Risiera di San Sabba». Da lì a Trieste, e poi a New York: un viaggio compiuto da tanti italiani di ieri. «L'America in quei tempi era una terra promessa per chi fuggiva dai paesi del comunismo - prosegue Lidia - Una volta a New York, sul finire dei '50, ci si rimboccò le maniche, tutti». Poi, la cucina. «A 24 anni avevo già il mio primo ristorante, nei primi anni '70 io e mio marito ne avevamo già due, nel Queens. Facevamo cucina italo-americana, perché era difficile avere i prodotti originari italiani, ma ai piatti della mia infanzia io ci pensavo sempre. Era un modo per mantenere il legame. Col tempo, e la cosiddetta globalizzazione, prodotti come il riso e il parmigiano italiani cominciarono ad arrivare, e puntammo sulla fedeltà ai sapori doc. Così, in Italia ci sono sempre tornata con regolarità, per amore e per business. La nostra missione di produrre in America una cucina regionale rigorosamente italiana e specialmente friulana implica un filo diretto continuo con la mia terra d'origine».
Oggi, il rapporto con l'Italia è sempre più stretto: la signora Bastianich in America è un mito della cucina tricolore, autrice di libri stravenduti (l'ultimo, 125.000 copie), e titolare di tre ristoranti solo a New York gestiti insieme al figlio Joe: Felidia, Becco e Esca, più due Lidia's, a Kansas City e Pittsburgh. La signora è in Italia da due mesi per registrare le puntate di Junior MasterChef Italia, in arrivo su Sky Uno a febbraio-marzo. Palcoscenico tv sul quale sarà giudice insieme ad Alessandro Borghese e a Bruno Barbieri. E se le si chiede se la missione MasterChef Junior si sta rivelando complicata, risponde: «Con Barbieri e Borghese l'intesa è stata immediata, e poi ci conoscevamo professionalmente da tempo. Con i piccoli concorrenti, sinceramente, temevo peggio». L'idea di realizzare una versione Junior per l'Italia risale a poco dopo l'arrivo del figlio Joe in Italia. «Il suo successo fu tale - prosegue Lidia Bastianich - che venne naturale. Joe pensò subito a me, perché sono mamma e nonna, e ho la sensibilità giusta per trattare coi piccoli». Piccoli di taglia ma non di carattere. «Da noi competono giovanissimi dagli 8 ai 13 anni di età, vengono alla gara con una sana voglia di esprimersi, ma hanno anche uno spiccato istinto di competizione. E talvolta non accettano di buon grado le critiche. E poi conoscono perfettamente il programma MasterChef, e hanno persino imparato l'arte di studiare e mettere in difficoltà i rivali».
Eppure la cucina dovrebbe essere «cosa da grandi» ma, spiega la signora Lidia, «con sorpresa ho visto questi ragazzini abilissimi a cucinare. Possiedono un'inventiva e un'abilità nel presentare i piatti che non ci si aspetterebbe da loro. Maneggiano i prodotti in modo incredibile, propongono combinazioni quasi da ristorante. Certo, sospettavo che i concorrenti italiani fossero più abili di quelli americani, d'altronde sono cresciuti in famiglie dove il mangiar bene è una legge, dove mamme e nonne dominano la cucina, ma non pensavo in queste proporzioni». Sul figlio Joe, il cui stile è diventata una studiata «antipatia», risponde: «Io non farò come lui. E comunque mio figlio non è cattivo, sa. Quanto ai bambini bisogna capirli, riprenderli con chiarezza e onestà quando sbagliano, ma allo stesso tempo bisogna entrare in sottile comunicazione. C'è il momento per la tenerezza e la coccola, e quello dell'ordine. Alla fine la gara è una lezione di vita: imparano a capire che si può vincere e perdere».
E mentre Lidia si cimenta da giudice, Joe si reinventa rockstar, suonando dal vivo (ieri il tutto esaurito al Blue note di Milano) e incidendo canzoni: «Da bambino Joe amava la batteria - ricorda Lidia - Aveva la sua band in garage.
Però era predestinato, suonava... sulle padelle. Suo padre poi era bravo a suonare la fisarmonica. La musica in famiglia c'è sempre stata. Joe sente una forte esigenza di esprimersi, fa bene a tentare anche questa strada».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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