Clint sale sul treno degli eroi che fermarono un terrorista

Nel 2015 tre giovani Usa si gettarono su un jihadista armato, evitando una strage sul rapido per Parigi

Clint sale sul treno degli eroi che fermarono un terrorista

Da giovane attore, quando contava su due espressioni - «una col sigaro e una senza», copyright di Sergio Leone -, il treno gli serviva per gli assalti nei western. Adesso che è una leggenda vivente di 86 anni lucidi e in tiro, Clint Eastwood agguanta ancora il treno, stavolta ad alta velocità. E, da regista devoto al racconto degli americani comuni, che diventano personaggi straordinari, gira a Burbank The 15:17 to Paris, un altro western contemporaneo, con i buoni da una parte e i cattivi da un'altra. Dove tre ragazzi californiani, in viaggio sul treno Amsterdam-Parigi, il 21 agosto del 2015 impediscono a un venticinquenne marocchino, armato di kalashnikov AK-47, di compiere la strage da lui pianificata. Un atto di eroismo feriale a bordo del Thalys 9364 diretto nella Ville Lumiére, sul quale Anthony Sadler, Alek Skarlatos, della Guardia nazionale dell'Oregon e Spencer Stone, membro delle Forze armate statunitensi, hanno la meglio sul jihadista Ayoub El Khazzani,armato per il massacro di 500 persone.

Con questo film, dove per la prima volta, con la mossa del cavallo, Clint potrebbe portare sul set i veri protagonisti della storia, che interpretano se stessi, l'autore di Gran Torino torna a seminare nel solco dell'eroismo quotidiano made in Usa. Come ha già fatto portando sullo schermo American Sniper (2014), con le vicende del cecchino Chris Kyle (Bradley Cooper) in missione in Iraq e Sully (2016), che narrava di Chesley Sully Sullenberger, uno strepitoso Tom Hanks nei panni del pilota che il 15 gennaio 2009 salvò la vita di 155 passeggeri atterrando con l'aereo sul fiume Hudson.

Al posto della trilogia del dollaro si profila una trilogia dell'eroe ordinario: Clint tende a dimostrare che l'Eroe Americano, buona, vecchia figura messa in disparte da tempi meticci, non dev'essere per forza l'Uomo Ragno o Batman. Anzi, è in assoluto il vicino tranquillo, ma sicuro di sé, confidente nelle leggi, al massimo fan delle arti marziali, come il venticinquenne Spencer Stone al quale hanno riattaccato il pollice, staccato di netto col taglierino di El Khazzani. È stato lui, un ragazzone californiano con pochi capelli, a correre il rischio maggiore: mentre l'amico Alek gli sonnecchiava accanto, ha visto l'attentatore a torso nudo caricare il kalashnikov. E, dopo aver dato una gomitata ad Alek per svegliarlo, s'è lanciato contro il marocchino insieme all'altro suo amico, il ventitreenne Anthony, studente alla State University di Sacramento. «Sembrava uno pronto a combattere come se non ci fosse un domani», ha raccontato Spencer, all'epoca ricevuto all'Eliseo dall'ex-presidente francese François Hollande. In tempi di terrore come questi, dunque, arriva una lezione da tre amici, che non se ne stanno con le mani in mano. Tre uomini qualunque, che hanno scritto il libro autobiografico The 15:17 To Paris. The True Story of a Terrorist, a Train and three American Heroes per raccontare, con il giornalista Jeffrey E. Stern, quegli attimi di paura e coraggio. Ma soprattutto le loro vite ordinarie di studenti al college, la loro amicizia che non ha mai vacillato, l'educazione ricevuta in famiglia.

Nel film, targato Warner Bros e prodotto da Eastwood, Tim Moore, Kristina Rivera e Jessica Meier, compaiono anche i giovani attori Jenna Fischer, Judy Greer e Ray Corasani. La sceneggiatura è firmata dall'esordiente Dorothy Blyskal, che ha lavorato come assistente di produzione sul set di Sully, mentre lo scenografo è Kevin Ishioka, curatore delle scene del discusso Dunkirk.

E se il duro di Hollywood, nell'età matura, si è trasformato in un vero e proprio autore che affronta tematiche intrinsecamente umane e complesse, come in Million Dollar Baby (2004), con la toccante storia della pugile Maggie e del suo coach, ora il texano dagli occhi di ghiaccio ha imboccato il filone dell'intrepida autenticità, dove il Vero prevale sulla fiction.

«Oggi il termine eroe ha perso il suo significato originale ed è cambiato rispetto ai tempi in cui ero ragazzo.

Ora esiste una sorta di politicamente corretto che fa sì che tutti, alla fine, devono portare a casa un premio», dice Esatwood. Per lui l'eroe dei contemporanei non è Lucifero, non è nemmeno Prometeo, ma è l'uomo. Senza troppi fronzoli e con molto senso del dovere.

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