La camera da letto dei greci era dedicata a due divinità: il dolce Hypnos, il sonno che fa dimenticare ai mortali ogni dolore, e il malizioso Eros, il dio del desiderio. Per gli etruschi - guardate il «Sarcofago degli sposi» di Cerveteri - il letto è il luogo dove la coppia trova l'unione perfetta: la morte. I romani fecero del letto il luogo più adatto per banchettare, conversare, mangiare, sollazzarsi, insomma dare sfogo alle passioni del sesso, dello stomaco, del riso. Nell'antica India era l'alcova della sessualità disinibita. Nel Medioevo il giaciglio della colpa. Nel Rinascimento il letto è invitante, sfarzoso, sensuale, curato. Poi l'ondata puritana: tendaggi, drappeggi, baldacchini. Tra Sette e Ottocento è un campo di battaglia politico: omicidi, tradimenti, manifestazione del Potere: ecco l'imperiale Paolina Bonaparte come Venere Vincitrice del Canova. Nel '900 è prima semplice, familiare, borghese, poi di design, tecnologico, alla moda...
Il letto è un grande teatro. Su il sipario! Va in scena il grande spettacolo della vita, a partire dalla nascita; e del dolore, per finire con la morte; e poi dell'amore e del sesso e dei sogni e degli incubi, delle fantasticherie e persino del lavoro: leggere a letto, scrivere a letto, telefonare a letto: il leggendario letto girevole tuttofare, casa-ufficio di Hugh Hefner alla «Playboy Mansion».
Eccolo il palcoscenico perfetto dell'esistenza in tutte le sue declinazioni, affetti, paure, voglie. È lì, in quel rettangolo rialzato da terra, un tempo per difenderci dal freddo e dagli animali, poi per sentirci più vicini al cielo, che recitiamo al meglio il nostro «Io».
Il letto è tra tutti gli oggetti della vita quotidiana il più umano, troppo umano. Nostro Signore - ha fatto notare qualcuno - non ne ebbe bisogno: è nato sulla paglia, è morto sulla croce.
Esergo: «Il letto è tutta la nostra vita. Perché vi si nasce, vi si ama, vi si muore», Guy de Maupassant, Il letto, un racconto del 1882.
Svolgimento: il saggio di Mario Baudino Il teatro del letto. Storie notturne tra libri, eroi, fantasmi e donne fatali (La nave di Teseo), un viaggio sapiente e trasversale che spazia dalla letteratura alla filosofia, dall'antropologia alla storia dell'arte, dal mito al cinema, per mettere in scena - e noi lettori siamo il pubblico - il più misterioso teatro dell'Io, il letto, cioè il luogo erotico, erratico, a volte privatissimo ed esclusivo, a volte comune e manifesto, dei nostri sentimenti più segreti e più forti.
Il letto racconta di noi. E in fondo, dal letto di Tutankhamon che si intravede nelle prime foto della missione archeologica di Howard Carter che ce lo mostra ammonticchiato con altri oggetti davanti alla stanza sepolcrale, fino ai blocchi modulari in fibra di vetro lunghi due metri, larghi uno e alti 125 centimetri dei «capsule hotel» giapponesi, dove non è possibile fare altro che sdraiarsi e dormire, il letto nella storia sonnolenta della civiltà in fondo è cambiato molto poco. L'oggetto «letto», come l'oggetto «libro», cui forse l'accomuna l'etimologia (e poi c' anche il livre de chevet...), è perfetto fin dalla sua invenzione. L'essenza non cambia, si possono solo variare misure, fogge, materiali. La sua sacralità resta intatta.
Citazioni. «Nella vita non c'è luogo più triste di un letto vuoto» (Gabriel García Márquez). «Il letto è il luogo più pericoloso del mondo: vi muore l'80 per cento della gente» (Mark Twain). «Il letto è il teatro dei poveri» (Aldous Huxley).
Ecco: il letto come teatro. Infatti Mario Baudino, che ha sprimacciato secoli di letteratura, pittura, scultura e storia del costume, non traccia solo la lunghissima timeline del letto. Ma ricostruisce in parallelo, per ogni epoca storica, lo spettacolo teatrale che gli uomini e le donne - fra coltri e cuscini, decorazioni e cassapanche, lenzuola e high-tech - mettono di volta in volta in scena.
Il letto naturale di foglie e terra dei primi uomini. I letti di legno con intagli di animali sacri dell'antico Egitto. I klìne in legno e in pietra dei greci. Ulisse che torna a Itaca e riprende possesso, con un gesto acro e simbolico, del letto del Re. Il «letto di Procuste» per ridurre le persone a un solo modello, un solo modo di pensare e di agire. Il triclinio romano e i lupanari di Pompei. Le creature spaventevoli della notte e i sensi di colpa che agitano i sonni nelle stanze da letto medievali, peccaminose e promiscue. Il «letticciuol che requie eri et conforto/ in tanti affanni, di che dogliose urne/ ti bagna Amor» di petrarchesca memoria. L'alcova del duca Federico da Montefeltro, l'arredo più prezioso del Quattrocento. Il cinquecentesco sfarzoso «letto di Ware» che poteva ospitare quattro coppie di amanti. Il lit de justice, da cui nobili e regnanti non si alzavano neppure per amministrare il proprio potere: è il «letto di Stato». Il catafalco, il letto tana, il «nido», le bare e barche come metafora e metamorfosi del letto di morte. I grandi capolavori della storia dell'arte: la Venere dormiente di Giorgione (1507-10), la sensuale Danae (1636) di Rembrandt, la Maya Desnuda (1799) di Goya, il monumentale La morte di Sardanapalo di Delacroix (1827)... I racconti lussuriosi del sofà e dei letti libertini. Il romantico secolo dell'insonnia, che è la negazione del letto. Il «letto di pruni» dell'Innominato manzoniano. L'oblomovismo. I letti di contenzione, di povertà e di follia. La camera ad Arles di Vincent van Gogh (1888-89). Il lettino dello psicanalista, su cui si stende buona parte del Novecento. «Per molto tempo, sono andato a letto presto la sera» (Marcel Proust). La rivendicazione femminista di Virginia Woolf perché la donna pretenda «una stanza tutta per sé». Gli interni grondanti una minimale solitudine di Edward Hopper. Il Bed-In di protesta contro la guerra in Vietnam di John Lennon e Yoko Ono nel 1969. Il comune senso del pudore che cambia in proporzione al metraggio di nudi e di letti nella storia del cinema.
Tracey Emin, «My bed» (1999) e il letto-bara di Maurizio Cattelan. Gli scandali politici, dalla morte a letto di Marylin Monroe al lettone di Putin. E lo smart-working e la «dad», spesso, passati a letto. È soltanto qui che siamo davvero noi stessi.
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