Ecco una frase molto scorretta e che ci piace molto. Tanto da proporla come slogan della nostra personalissima battaglia contro la cancel culture: «Every joke has a victim».
Chi l'ha detta? L'attore Rowan Atkinson, uno dei comici più popolari e amati della sua generazione, per tutti Mr. Bean, assieme a Benny Hill il personaggio muto più divertente della storia recente della comicità. E si sa: chi non parla mai quando poi apre bocca, ogni parola è una sentenza.
La sentenza di Rowan Atkinson - affidata a un'intervista al quotidiano The Irish Times in occasione del suo nuovo show per Netflix Man vs. Bee - è lapidaria, la pietra tombale sulla cancel culture: «I comici dovrebbero essere in grado di fare battute su qualsiasi cosa. Credo che il compito della comicità sia quello di offendere, o di avere il potenziale per offendere. Ogni scherzo ha una vittima». E manda un avvertimento a tutti quanti: i poliziotti del linguaggio, le erinni del politicamente corretto, gli «inclusivisti» a tutti i costi, le femministe a senso unico: «Bisogna stare molto, molto attenti a dire su cosa è permesso fare battute. In una vera società libera, dovresti essere autorizzato a fare battute su chiunque e su qualsiasi cosa». Perché - si chiede Rowan Atkinson, e noi con lui - a un certo punto «la sinistra progressista ha tentato di dire alla gente su chi può e non può fare battute?».
Rowan Atkinson, del resto, è da tempo su posizioni del genere. In passato ha appoggiato la campagna contro il «Religious Hatred Act» - che considera reato l'incitamento all'odio contro una persona sulla base della sua religione - proprio per permettere agli artisti di potere ironizzare su qualsiasi fede: islamica, cristiana, ebraica... E in un'intervista al quotidiano tedesco Die Welt del 2018, dichiarò: «Credo davvero all'importanza fondamentale della libertà di parola e di espressione delle proprie opinioni. E senza il diritto all'offesa il concetto di libertà di parola è un concetto vuoto». «Purtroppo - aggiunse Rowan Atkinson in quella circostanza - mi sembra che stiamo perdendo sempre più, e sempre più rapidamente, la battaglia per il diritto di far arrabbiare qualcuno. Ed è molto triste. Da che cosa dipende? Il fatto curioso è che il meccanismo che minaccia la libertà di parola in ultima analisi ha la sua origine in quei social media che si basano proprio sul principio della libertà di parola.
In teoria su Internet tutti possono dire tutto, ma non appena lo fanno ci sono milioni di altri individui che rivendicano idee diverse... Vengono cioè impiccati e squartati da persone che fanno nello stesso tempo i giudici e i boia». A dimostrazione che i comici, a volte, sanno dire cose molto serie.
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