Che senso ha proporre un'enciclopedia in quattro volumi sull'Arte contemporanea nell'epoca di Wikipedia e della Rete? Il Web è il regno del tutto e subito, offre strumenti meravigliosi ma anche colossali patacche. Paradossalmente, mai come in questo momento c'è bisogno della carta stampata e della sua autorevolezza. Per questo, un'impresa colossale come appunto L'arte contemporanea in quattro volumi della Treccani, presentata ieri alla Biennale di Venezia, è da salutare con vivo interesse. Ci vorrà tempo, e non poco, per dare un giudizio sensato sulla riuscita di questa ambiziosa pubblicazione. Ma intanto i quattro volumi sono lì, e in anni dove l'editoria è dedita al piccolo cabotaggio, e il ministero della Cultura sembra evaporato, fanno una certa impressione. La Treccani è la casa dell'omonima enciclopedia, forse l'opera culturale più importante mai realizzata in Italia, pensata da Giovanni Gentile, realizzata in gran parte da fuoriclasse (per restare all'arte: Toesca, Argan, Longhi) e punto di riferimento, o di partenza, imprescindibile per ogni ricerca. Basta dunque il marchio? No, anche perché nel recente passato la Treccani ha preso qualche granchio, dalla scarsa valorizzazione dei Classici Ricciardi (ricopertinati, peccato che fossero libri perfetti, e come tali esposti nei musei d'arte contemporanea) a un sito internet discontinuo per qualità fino al metodo discutibile col quale si è cercato di terminare un'altra opera tanto meritoria quanto sfortunata, il Dizionario Biografico degli Italiani.
Ma ieri, giustamente, è stata una festa, e abbiamo visto due istituzioni per alcuni versi simili, la Biennale e appunto la Treccani, collaborare per la riuscita della presentazione, forse preludio a progetti più concreti come prefigura Roberto Cicutto, il padrone di casa, cioè il presidente della Biennale di Venezia. Nel frattempo, proprio la Biennale vara il Centro Internazionale di Ricerca sulle Arti Contemporanee, riportando a Venezia un patrimonio immenso di foto, video, manifesti, documenti (erano a Marghera). Sede all'Arsenale.
Per entrare nel campo dell'arte contemporanea, con la pretesa di essere esaurienti e oggettivi, ci vuole il coraggio di un kamikaze. A parte (forse) la prima metà del Novecento, stiamo parlando di materia ancora calda: col rischio che comporta, ovvero risultare datati già all'uscita o non cogliere valori, temi e personaggi che possono emergere solo col tempo. Non dimentichiamo che Vincent van Gogh era considerato un incapace ed era ignoto ai più. Detto questo, Vincenzo Trione, direttore scientifico assieme a Valeria Della Valle, ha offerto un quadro preciso dei criteri seguiti, senza nascondere le difficoltà appena esposte: «Abbiamo cercato di dare un respiro internazionale, andando a esplorare territori poco conosciuti, dall'Australia all'Oceania, dall'Africa al Sudamerica, senza limitarci ai grandi nomi esposti anche nelle mostre europee o statunitensi. Prevalgono gli italiani ma c'è una significativa presenza di stranieri». E dal punto di vista cronologico? «Si parte con le avanguardie del Novecento e si arriva ai giorni nostri, ovvero ai primi venti anni del nuovo secolo». Dal Futurismo agli ultimi sviluppi dell'arte digitale (i Non Fungible Token, ma cosa sono? Vedere la voce corrispondente). La critica e il mercato non si possono ignorare. L'enciclopedia dunque include anche critici d'arte, galleristi, musei. Trione: «Non sono comprimari, sono colonne del sistema dell'arte». Ulteriore punto qualificante: l'approccio tematico (Gender e arte, Sport e arte, e così via; ma c'è anche Pandemia) che include voci dedicate alle grandi città. Ogni progetto enciclopedico è selettivo: «Abbiamo calibrato presenze e assenze in base a due criteri. Il primo è editoriale: sapevamo quanto doveva essere ampia l'opera e anche le singole voci. Il secondo è critico: non sono ammesse le meteore ma solo autori o movimenti che abbiano dimostrato di essere a lungo al centro del dibattito artistico. Ovviamente più ci avviciniamo al presente, più diventa complesso. Abbiamo scommesso su quello che pare destinato a restare. Ma la materia è presentata come problema, in modo non dogmatico. Offre piste, non soluzioni». Dice Massimo Bray, direttore Generale della Treccani: «Ogni progetto enciclopedico deve affrontare questi problemi, a cui si rispondeva con i supplementi, un tempo cartacei. Oggi anche la Rete può dare una grossa mano». La tradizione Treccani punta alla oggettività e alla chiarezza espositiva: del resto «un'enciclopedia di questo tipo deve essere alla portata di un lettore interessato ma non specialistico» come ha spiegato Valeria Della Valle, redattrice senior della Treccani. Ancora Della Valle: «La personalità dell'autore di una voce inevitabilmente finisce, talvolta, in secondo piano». Trione: «Questo però non esclude che siano state prese alcune scelte in base alle preferenze critiche, è un aspetto che non si può eliminare del tutto». Alcuni autori, poi, non vengono strettamente dal mondo artistico, è il caso della scrittrice Melania Mazzucco, comunque grande esperta di Tintoretto, che ha compilato le voci Ritratto e Autoritratto. Ma ci sono anche Emanuele Trevi, il filosofo Maurizio Ferraris e il semiologo Stefano Bartezzaghi (gli ultimi due, più Mazzucco e Francesco Vezzoli, si sono aggiunti nel convegno pomeridiano sui temi sollevati dall'opera). Tra i collaboratori, Tomaso Montanari, a cui è affidata la consulenza scientifica sulla critica d'arte in Italia.
Ed ecco i numeri strabilianti dell'opera: 4 volumi illustrati, 800 pagine per ciascun volume, 435 autori di lemmi, 3600 lemmi o sottolemmi, 4mila immagini, 5 anni di lavoro. Apriamo a caso.
Caschiamo bene, Mario Sironi. Riapriamo a caso. Takashi Murakami. Caschiamo bene o male? Non riusciamo a decidere, come spesso capita di fronte all'arte contemporanea. Ma questa monumentale opera potrà senz'altro aiutarci.
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