Il "Delitto Neruda" è ancora un thriller di genere politico

Una ricostruzione a tesi che punta l'indice contro Pinochet. Ma con troppe incongruenze

Il "Delitto Neruda" è ancora un thriller di genere politico

Le cause del decesso di un autore di spicco possono costituire un argomento - a volte persino un diversivo - che finisce per imporsi sul legato letterario. È il caso della morte di Pablo Neruda, avvenuta il 23 settembre 1973, dodici giorni dopo il sanguinoso colpo di stato in Cile, causata dal cancro alla prostata che lo affliggeva da vari anni, ma per alcuni dovuta a un'iniezione letale ordinata dal governo di Pinochet.

La magistratura cilena, su denuncia del Partito comunista, ha aperto un'inchiesta in seguito alle rivelazioni dell'autista di Neruda, Manuel Araya, al quale il poeta, prima di morire, aveva rivelato che durante il sonno un infermiere gli aveva fatto un'iniezione. A partire da allora i resti del poeta sono stati sottoposti a numerose analisi in vari e accreditati istituti di medicina legale sparsi in tutto il mondo: l'ultimo esame conferma il cancro alla prostata, ma anche la presenza di una setticemia da stafilococco aureo, che può essere legata a molte cause, tra cui una possibile iniezione letale o la contaminazione creata dai numerosi trasferimenti della salma. Insomma, dopo tanti anni e tante polemiche, nulla ancora di chiaro e definitivo. Non meraviglia quindi la pubblicazione del recente libro di Roberto Ippolito, Delitto Neruda (Chiarelettere, pagg. 239, euro 17,60), che vuole giungere alla verità, scegliendo la via più facile o forse più difficile: la denuncia dell'assassinio politico.

Il libro raccoglie una ricca serie di indagini, documenti e interviste anche rare, che avvallano la tesi dell'omicidio politico, dove il piglio della ricerca, la passione ideologica e letteraria che muovono la scrittura, trasformano il testo in un thriller a sostegno delle ragioni della tesi, che non sempre convincono: a partire dal cadavere di Neruda che appare grasso e corpulento, e non quello di un malato di cancro. In realtà tutte le testimonianze e le foto che conosciamo del poeta, sottoposto a continue applicazioni di cobalto per curare la malattia della prostata, mostrano sì un volto emaciato, ma l'uomo appare massiccio e maestoso come sempre. Una sua lettera, inviata da una clinica al compagno Volodia Teitelboim, due anni prima della scomparsa, informa che il dottor Raúl Bulnes esporrà a tutti gli amici una relazione sulle sue attuali condizioni di salute, e conclude mandando un «bacio completamente sterilizzato».

Dunque Neruda era perfettamente consapevole della malattia (e della sua gravità), che comunque non lo costringe a rinunciare ai piaceri della vita. Ci limitiamo a ricordare la sua passione per il cibo, come informa una sua missiva dell'epoca, in cui descrive i succulenti piatti di frutti di mare che sta consumando in un ristorane cileno. Del resto sul suo amore per la cucina ricorrono molte testimonianze, tra cui quella lasciata da Gabriel García Márquez che paragona l'amico a un papa del Rinascimento, goloso e raffinato. Dell'esperienza vissuta insieme in un ristorante di Barcellona, lo scrittore colombiano ricorda che Pablo, seduto a tavola con un tovagliolo grande come un lenzuolo, imposto dalla moglie Matilde per non macchiarsi, «mangiò tre intere aragoste, tagliandole con una maestria da chirurgo, mentre divorava con gli occhi i piatti degli altri e andava pizzicando un poco da ognuno, con un piacere che trasmetteva a tutti la voglia di mangiare».

Ritorniamo sulla versione fornita da Araya, secondo cui l'assassinio compiuto dai sicari di Pinochet trova fondamento nell'accettazione del poeta ad accogliere l'invito del presidente messicano che voleva condurlo con un aereo nel suo Paese, adombrando la possibilità di creare un governo in esilio. In ogni modo Neruda chiamò poi l'autista - come lo stesso ha dichiarato - annullando la decisione. Resta il dubbio se un uomo, devastato dalla malattia e ridotto all'immobilità nel letto di una clinica di Santiago, mentre la città è messa a ferro e fuoco dalle milizie del dittatore, abbia in animo di viaggiare e assumere un così importante e oneroso incarico politico. Soprattutto non si spiega perché l'autista Araya, al soldo del Partito comunista e fervente assertore della dittatura di Castro (di cui il nipote del poeta, Bernardo Reyes, nel libro El guardaespaldas de Castro, ha messo in luce false prove) abbia atteso 38 anni per rendere pubblica la sua versione dei fatti.

Aggiungiamo che le testimonianze della moglie Matilde e della sorella del poeta Laura, che assistono Pablo fino al momento del decesso, hanno sempre escluso alcuna violenza esterna, come del resto conferma il certificato di morte. Analogo atteggiamento vale per la Fundación Pablo Neruda, titolare ed erede legittima dell'opera del poeta, che si è limitata a collaborare con le autorità giudiziali consegnando tutti i dati e i materiali di cui dispone al ministro Mario Carroza, titolare dell'inchiesta, rifiutandosi di avallare la tesi dell'assassinio e restando in attesa dei risultati dell'indagine. D'altro canto bisogna anche riconoscere che l'autore del libro apporta altre prove che occorre valutare; insomma, la «leyenda negra» sulla morte di Neruda continua nel tempo.

A chiusura ci piace ricordare il poeta Neruda, che il critico americano Harold Bloom, così distante dall'uomo e dalla sua ideologia, considera l'erede maggiore di Walt Whitman. La sua opera immensa - che pure registra anche cadute e debolezze - è regolata da un grande flusso torrenziale, capace di abbracciare la variegata fenomenologia dell'esistenza umana e di trasformarla in atto verbale.

Neruda realizza un processo di materializzazione della parola che è la cosa che pronuncia, gli oggetti che nomina, la vita dell'uomo con i suoi sentimenti, la passione civile e l'amore che il poeta non ha mai smesso di cantare.

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