Andrea Camilleri - morto esattamente un anno fa - ha sempre amato raccontare storie in pubblico, ad alta voce, con le persone che intorno ad ascoltarlo. Amava scrutarne le emozioni e si divertiva un mondo a narrare con il tono profondo della sua voce. Mi ha confessato che gli sarebbe piaciuto tanto mettersi per una volta a fare il cantastorie in piazza, vedere l'effetto che faceva sulla gente che passava per strada e poi passare con il cappello in mano a raccogliere i frutti delle emozioni che aveva distribuito. Camilleri era consapevole da uomo di teatro del risultato immediato che provocavano certe messe in scena capaci di essere applaudite o fischiate dal pubblico.
È forse per questo che quando si è trovato a scrivere l'ultimo romanzo della saga dedicata al commissario Salvo Montalbano ha deciso di condividerlo un po' per volta con i suoi lettori. Già nel 2005, dopo avere pubblicato La luna di carta, dichiarò di avere consegnato a Sellerio quella che sarebbe stata l'ultima avventura del suo personaggio e ne annunciava il titolo: Riccardino. Ammetteva di averlo fatto in piena lucidità e nel pieno delle sue forze. Si divertiva a giocare sul fatto che la gente si immaginasse quel suo manoscritto custodito in una inesistente cassaforte della casa editrice siciliana o che pensasse che era depositato in uno dei cassetti di quegli uffici. Camilleri era contento di averlo consegnato prima che la vecchiaia potesse minare le sue capacità di scrittore ed era convinto di avere costruito un romanzo finale definitivo. Era consapevole di ciò che era successo a Jean-Claude Izzo e Manuel Vazquez Montalban, che se ne erano andati prima dei loro Fabio Montale e Pepe Carvalho, e così, in maniera scaramantica, si era portato avanti. D'altra parte, sapeva che Agatha Christie aveva consegnato le avventure finali di Miss Marple e Hercule Poirot molti anni prima della sua dipartita, pilotandone strategicamente la pubblicazione.
Una volta consegnato Riccardino Camilleri avrebbe potuto restare in silenzio ma invece ha preferito condividere subito con i lettori l'emozione di avere consegnato quel testo, regalandone poi nel tempo anche qualche succoso spoiler: varie dichiarazioni sui giornali, una piccola anticipazione sulla rivista Stylos. E i lettori, fin da subito, hanno reagito alle sue rivelazioni: prima supplicandolo di non interrompere le storie di Montalbano e poi chiedendogli lumi sul destino del personaggio. Camilleri li ha accontentati non interrompendo sino all'ultimo la produzione di nuove indagini dedicate a Montalbano e ha chiarito subito che quel romanzo sarebbe stato qualcosa di particolare. Qualcosa di diverso da quello che si sarebbero potuti aspettare, un romanzo meno ovvio e meno scontato e sicuramente per lui più divertente da scrivere. Ora che Riccardino viene pubblicato da Sellerio, un giorno prima dell'anniversario della scomparsa del suo autore, il 17 luglio, finalmente si può affermare che l'autore siciliano è riuscito a portare a termine felicemente la sua impresa. Quello che conta di più in questa storia non è tanto il delitto di cui si deve occupare Salvo Montalbano bensì il suo rapporto diretto con il suo creatore e quello con il suo alter ego televisivo. Montalbano si sente vecchio e discute direttamente con Camilleri. E quando quest'ultimo gli suggerisce di non prestare orecchio all'opinione della gente, il poliziotto si incazza e reagisce quando si sente dire: «Senti un po', quando io stampo un libro e sono 500 mila copie si tocca il cielo con un dito; quando l'altro appare in televisione sono 10 milioni di spettatori: che vogliamo fare?». Sarà allora che nella testa del poliziotto si accenderà «un'idea montalbaniana». Un coup de théâtre che ribalta la storia e che conferma l'idea di Camilleri di regalare ai lettori un metaromanzo in cui i ruoli del narratore e dei suoi protagonisti si possano ribaltare come in Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello...
per quanto riguarda l'evento editoriale, Sellerio ha deciso di proporre Riccardino in due edizioni: una con l'ultima stesura, del 2016; l'altra con anche la versione originale consegnata nel 2005. La trama non cambia nelle due versioni ma è interessante vedere l'adeguamento linguistico attuato da Camilleri a distanza di anni. Al titolo Riccardino l'autore è rimasto fedele nel tempo anche se avrebbe potuto cambiarlo. E, chiariamolo subito, è il nome della (da lì a poco) vittima che, nel cuore della notte, chiama il commissario Montalbano e gli dà appuntamento al bar Aurora di Vigata. Il poliziotto non conoscendo nessuno con quel nome pensa a uno scherzo o a un errore e cerca di riaddormentarsi, ma un'ora dopo gli arriva una chiamata dalla Questura da parte di Catarella: «Avevano sparato a un uomo, Fazio lo stava cercando. Inutilmente il commissario cercò di affidare l'indagine a Mimì Augello, perché gli anni principiavano a pesargli; aveva perso il piacere indescrivibile della caccia solitaria, insomma da qualichi tempo gli fagliava la gana, si era stuffato di aviri a chiffari coi cretini. Si precipitò sul posto, e scoprì che il morto era proprio Riccardino».
Giunto sul luogo del delitto, Salvo Montalbano si sente preso in giro dalla gente che lo osserva dai balconi (e lo scambia per l'attore che lo interpreta in televisione) ma soprattutto dal suo autore che per l'ennesima volta lo ha messo in una situazione assurda, nella quale non vorrebbe trovarsi e dalla quale uscirà in maniera inaspettata...
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