Qualche mese fa, era di maggio, ho incontrato a Napoli il maggior filosofo italiano del nostro tempo: Sossio Giametta. Abbiamo pranzato a casa di Emilia Del Franco che guida la casa editrice Bibliopolis che ha pubblicato l'ultimo libro del traduttore italiano di Nietzsche che riguarda proprio il filosofo-poeta dello Zarathustra: Commento a «Umano, troppo umano» aforisma per aforisma. È un'opera capitale con cui il filosofo napoletano - perché Giametta è nato 93 anni fa a Frattamaggiore - riesce in un'impresa non ordinaria: capire e far capire Nietzsche più di quanto Nietzsche non abbia inteso se stesso e non si sia fatto intendere dagli altri.
Infatti, oggi se vogliamo sapere, come ripeteva Mazzino Montinari, «cosa ha detto Nietzsche» c'è una via maestra da seguire: ascoltare cosa dice Sossio Giametta che ha ricondotto Nietzsche al suo tempo, lo ha liberato da tutta una serie di ossessioni e demoni e ne ha fatto il riferimento di una «religione della libertà» o religione laica che - spiega Giametta - ha iniziato il suo cammino secoli addietro con i filosofi italiani del Rinascimento, è transitata nell'opera di Spinoza per giungere a Nietzsche che di Spinoza riteneva di essere, attraverso i secoli, il fratello spirituale. Insomma, con Sossio Giametta possiamo dire: Ecce Nietzsche e, ancor più, Ecce Sossio.
Mentre Sossio Giametta, seduto in poltrona, si girava e rigirava tra le mani il volume del suo Nietzsche dicendo «questo libro è un capolavoro tipografico, guardate che meraviglia di stampa», lo guardavo con affetto e con ammirazione perché avevo la naturale consapevolezza di conversare non con un professore di filosofia ma con un vero filosofo che ha nella umana simpatia e nell'amicizia per gli uomini e il pensiero la qualità stessa dell'incarnazione della filosofia. Una magia o quasi. Amici e ammiratori gli hanno ora, giustamente, dedicato un libro, curato da Marco Lanterna, intitolato Il Mago del Sud pubblicato da Olio Officina. Il 30 luglio, giù nel Salento, a Santa Maria di Leuca, lì dove l'Adriatico si confonde con lo Ionio e lo Ionio si tuffa tra le braccia dell'Adriatico, il libro è stato presentato e discusso sotto le stelle di una bella notte d'estate.
Il mago del sud, infatti, pur vivendo tra Bruxelles e Milano, ritorna ogni estate prima a Frattamaggiore e poi ancora più a Sud nella Magna Grecia per immergersi, come un filosofo antico, nelle acque del «greco mar». I ritratti di Sossio Giametta che si leggono nel libro Il Mago del Sud - il mago del Nord era detto Hamann, filosofo a sua volta caro a Giametta - ci restituiscono il profilo di un pensatore originale che ha fatto della conoscenza della storia del pensiero una ragione di vita.
Mentre mangiavamo degli ottimi spaghetti al pomodoro - e Sossio scartava con simpatia le cosiddette pellecchie ossia la pelle o buccia del pomodoro - gli ho chiesto se fosse arrivato alla filosofia attraverso le traduzioni e lui, guardando e sorridendomi mi ha detto: «Oh, no, alla filosofia sono arrivato fin da quando ero nel ventre materno». E c'è da credergli non solo leggendo un altro suo godibilissimo libro che è una sorta di autobiografia intellettuale - Senecione, edito da liberilibri - ma anche guardando, se ci si riesce, con un sol colpo d'occhio tutta la sua vasta opera che per comodità didascalica possiamo dividere in due grandi ali: una è l'interpretazione di Spinoza e di Nietzsche e l'altra è la rilettura della storia della filosofia moderna che Giametta non fa iniziare, come fanno i manuali scolastici, con Cartesio e l'ossessione gnoseologica, bensì con i nuovi filosofi della natura italiani del Cinquecento e con Giordano Bruno che considera, né più né meno, il maggior filosofo dell'età moderna.
Il fascino dell'opera di Sossio Giametta promana non poco proprio da questa interpretazione del cammino del pensiero moderno in cui - il lettore potrà notarlo anche con questo pezzo di giornale - gli autori di Giametta son tutti dei filosofi per vocazione o necessità e non dei docenti che, spiace dirlo ma pur va detto, il più delle volte spiegano agli altri ciò che loro stessi non hanno capito. In fondo, questo mago del pensiero e della traduzione dei pensieri altrui - si consideri che ha tradotto di tutto, da Cesare a Goethe, dallo stesso Spinoza a Schopenhauer - ha iniziato a far filosofia per un preciso bisogno interiore.
In sostanza, come dice nell'autobiografia sotto forma di dialogo platonico, perché stava male. Ora, se prendete un'altra strepitosa autobiografia intellettuale, il Contributo alla critica di me stesso di Benedetto Croce, vi leggerete questa cosa: «Iniziai a filosofare per soffrire meno». E del suo conterraneo - come, del resto, suo conterraneo e consanguineo è anche il Nolano - mi dice: «Croce è stato il mio primo maestro». Infatti, tante sono le pagine di Sossio Giametta dedicate a Croce.
Non ultime quelle del libro Eterodossie crociane, edito proprio da Bibliopolis con cui è iniziato questo articolo, in cui Giametta rivela il segreto di Croce: Francesco De Sanctis. Ma questa storia la racconterò un'altra volta.
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