Ecco le contraddizioni delle metropoli. "I Miserabili" ora sono nelle banlieue

Il film di Ladj Ly è un viaggio che parte dai ragazzi, specchio della comunità

Ecco le contraddizioni delle metropoli. "I Miserabili" ora sono nelle banlieue

Questo è un viaggio all'interno e dall'interno delle banlieu parigine, le città dormitorio che costellano Parigi. Perché I miserabili, opera prima girata esattamente dove il regista 42enne, Ladj Ly, è cresciuto e vive, ossia Montfermeil a un'ora dalla Torre Eiffel, che è anche dove Victor Hugo aveva ambientato il suo omonimo romanzo, mette in scena tutte le contraddizioni di una grande periferia urbana, teatro, nel 2005, delle note rivolte.

«Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori» è la frase di Victor Hugo usata dal regista, per il quale ovviamente «i coltivatori sono i politici che hanno abbandonato i cittadini», per chiudere la sua avvincente e adrenalinica discesa nell'inferno di un tessuto urbano dove ci sono diverse «autorità» che dettano la loro legge. Su questo aspetto il film, Premio della giuria allo scorso festival di Cannes che dal 18 maggio inaugura, oltre a essere disponibile su Sky Primafila Première, l'innovativa piattaforma digitale www.miocinema.it voluta dal distributore Andrea Occhipinti di Lucky Red in accordo economico con le sale fisiche aderenti al progetto (ben 130), è molto interessante perché presenta la contraddittoria comunità in maniera oggettiva partendo dalle sue fondamenta, i ragazzini che la animano.

Controllati da una trinità di soggetti i capi musulmani che cercano di indirizzarli alla preghiera, il cosiddetto Sindaco che cerca di tenerli a bada e il ras dello spaccio sono i rivoluzionari protagonisti del film che si ribellano dopo che uno di loro viene colpito in pieno volto da un poliziotto (con tanto di drone a riprendere la scena) con la «Flash-Ball», una delle famigerate armi non letali che anche i Gilet Gialli conoscono bene.

E qui si apre il capitolo della polizia dei reparti speciali Bac (Brigade anti-criminalité) con i tre poliziotti protagonisti il bianco un po' razzista Chris (interpretato da uno strepitoso Alexis Manenti), il nero Gwada (Djebril Zonga) un po' più diplomatico perché in quella periferia ci vive e Stéphane (Damien Bonnard) il nuovo arrivato ancora ligio a qualche regola che si muovono nella banlieu convinti di comandare amministrando una sorta di prima giustizia. Tutti i personaggi del film però appaiono alla fine, come cantava De Andrè, vittime di questo mondo tanto che questa lettura ha portato qualche critico ad accusare il regista di non aver preso posizione: «La realtà - dice il regista in videocollegamento - è sempre complessa. Ci sono buoni e cattivi da entrambe le parti». I miserabili segue tutte le regole del poliziesco contemporaneo, con un occhio puntato, per capirci, allo statunitense Training Day di Antoine Fuqua con il gioco del poliziotto «buono» e di quello «cattivo», tanto che, visto il successo (4 premi Cesar, in cinquina agli Oscar per il migliore film internazionale poi vinto da Parasite e ben 2 milioni e 200mila spettatori in Francia) nella testa del regista è già pronta una trilogia: «Il sequel sarà più politico, su Claude Dilain sindaco di Clichy- sous-Bois e sulle sommosse del 2005, mentre con il terzo tornerò indietro negli anni '90».

Insomma Ladj Ly, che ha detto no alle major statunitensi, si candida a diventare il cantore ufficiale delle banlieu parigine di cui è protagonista:

«L'unica cosa che può salvare questi ragazzi è l'educazione e la cultura, per questo ho aperto una scuola di cinema gratuita. Macron ha visto il film e ha detto di essere rimasto sconvolto dal tono della rappresentazione».

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