Finalmente brividi e poesia al quarto giorno d'un festival dopolavoristico, con l'«imperatore dell'aria» Philippe Petit, il più grande funambolo al mondo. Protagonista dello spettacolare The Walk 3D (da giovedì in sala) del premio Oscar Robert Zemeckis ( Ritorno al futuro e Forrest Gump ), il giocoliere del vuoto che il 7 agosto 1974, all'alba, fece una passeggiata sulla fune sospesa tra le Torri Gemelle di New York, a 417 metri da terra, si racconta. E con la convincente interpretazione di Joseph Gordon-Levitt, che dà anima da folle e corpo da circense all'artista francese classe 1949, va in scena il dominio dell'aria.
Il film, basato sul libro di Petit Toccare le nuvole (Edizioni Ponte alle Grazie), trattato di funambolismo e di vita, che spesso coincidono, mette lo spettatore in cima alla corda e ai pazzi pensieri di questo poeta dell'effimero. E dà le vertigini anche a noi l'intera vita del performer di Nemours, che non vuole studiare, né dar retta al papà poliziotto, ma semplicemente allineare passi tra le nuvole. «Non è un'arte della morte, ma un'arte della vita», dice del proprio esibirsi. Una vita vissuta al limite, va da sé. Vestito di nero, i piedi snelli fasciati da scarpini di pelle, Philippe scappa a Parigi per esibirsi in strada: disegna un cerchio sul selciato e racimola in piazza soldi e applausi, rubando la scena a un'altra artista di strada, la dolce Annie (Charlotte Le Bon) che diventerà la sua ragazza. E la sua prima complice, che lo sprona a fare di più quando, dopo aver steso il filo tra le torri di Notre Dame, la stampa francese lo tratta da delinquente.
La Francia non ama gli eccentrici, si sa, ma un sogno americano è dietro l'angolo: perché non mettere una fune tra le Torri Gemelle e camminarci sopra? Dentro Philippe arde il desiderio di esibirsi sull'orlo del vuoto, vivendo un magico istante fuori dal tempo e dallo spazio. Con i consigli d'un esperto uomo di circo (Ben Kingsley, perfetto come lo zingaro cecoslovacco Papà Rudy), il funambolo si trasferisce nella Grande Mela e con un piccolo commando di amici tende un cavo d'acciaio tra i 43 metri delle torri. Non senza ostacoli: le visite in incognito al World Trade Center, per studiarne ogni dettaglio; la ronda notturna delle guardie, i suoi dubbi, gli amici che vogliono mollarlo. Ma l'impresa di spedire la fune da una torre all'altra riesce con una freccia scagliata dall'ultimo piano di una torre all'altra. È fatta: all'alba, quando «la città che non dorme mai» si mette in moto, Philippe, 25 anni, si avvia sul cavo a passo leggero, sospeso tra le nuvole col bilanciere in mano. Là sotto, tutti lo guardano, mentre la polizia è pronta ad arrestarlo. Un piedipiatti gli farà i complimenti: «Non vedrò mai più qualcosa di così bello. Hai fegato, ragazzo».
Più avvincente di Man on Wire (2008), docufilm da Oscar di James Marsh sul medesimo soggetto, The Walk 3D trasmette un senso di vertigine reale, con inquadrature ardite e riprese dall'alto della fune, senza contare le vedute da capogiro di New York. Con la sua camminata illegale, Petit anima le Twin Towers, mentre Zemeckis forza la macchina da presa verso visioni mozzafiato: l'esperto di effetti visivi Kevin Baillie ha usato le cianografie del World Trade Center e riproduzioni in scala. Da quando le torri sono scomparse, l'11 settembre 2001, l'eco di quel «crimine artistico» si è amplificata e il film istilla la nostalgia di un'epoca più libera, in cui il rischio era apprezzato.
«Ho sempre in testa progetti di traversate illegali.
Ma oggi è più difficile. La paura? È per chi resta a terra. Mai avuto paura di cadere: là in alto, ho riserve insospettabili di energia. Sono solo un uomo che cammina nel cielo», dice Petit, che oggi vive a New York come libero scrittore.
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