Ma i cantautori sono poeti? L'annosa questione è ormai dibattuta da anni attraverso diverse correnti di pensiero e ha investito tutti i più profondi cantautori, da Bob Dylan a Fabrizio De Andrè. In Italia è proprio Faber ad accendere il dibattito, soprattutto per i collegamenti poetici e letterari legati alle sue composizioni. Per questo La Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi ha deciso di ripubblicare i libri dedicati al cantautore - in collaborazione con la Onlus seguita da Dori Ghezzi. Si parte da Accordi eretici, originariamente pubblicato nel 1997 e da Volammo davvero del 2007, curato da Elena Valdini (che è anche curatrice della Onlus) con postfazione di Dario Fo.
I riferimenti poetici e letterari di De Andrè sono infiniti quanto la sua fantasia nel creare nuovi modelli estetici. Non copiava, come facevano altri, ma elaborava, smussava, scandagliava nel mondo della cultura e della letteratura e della poesia. Uno dei casi più eclatanti è Amore che vieni amore che vai (che uscì come lato b del singolo Geordie, antica ballata folk inglese rielaborata con testo italiano, per dimostrare anch'essa la versatilità di Fabrizio) con la frase «Io t'ho amato sempre / non t'ho amato mai» riprende liberamente il carme 5 del Liber di Catullo. Colto e onnivoro manipolatore di parole, affabulatore nichilista, Faber si è sempre ispirato a qualcosa che l'ha toccato nel fondo per creare i suoi capolavori. Ispirazioni sia sacre che profane ma sempre e ineluttabilmente «alte». Già a partire dal primo album, con Preghiera in gennaio, dedicata a Luigi Tenco e ispirata alla provocatoria poesia di Francis Jammes Preghiera per andare in Paradiso con gli asini; ma anche nella celeberrima Bocca di rosa c'è una citazione - del tutto lontana da questa - di un aforisma di Oscar Wilde: «si sa che la gente dà buoni consigli / se non può più dare cattivo esempio».
Nella sua opera ci sono anche versioni moderne di sonetti o poesie come S 'i' fosse foco, ripresa direttamente dall'opera di Cecco Angiolieri. Non possono certo mancare i poeti maudit francesi, soprattutto Rimbaud, che ispira con la sua Le dormeux de val la celeberrima Guerra di Piero e Baudelaire il cui fascino nichilista si sente in Morire per delle idee e La ballata dell'amore cieco. Quanta poesia ne La buona novella, direttamente ispirata dai Vangeli apocrifi ma non solo, perché nella cocente resa del dolore di Maria in Tre madri c'è un ampio riferimento a Jacopone da Todi.
I riferimenti di Fabrizio sono immensi e completamente diversi tra loro e si srotolano lungo i suoi dischi. Così Non al denaro non all'amore né al cielo è un peana - fatto di ballate commoventi e realiste - come Il suonatore Jones e Dormono sulla collina ai personaggi dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Tra i cantautori Faber ha molto amato Leonard Cohen (due personalità affini, tra le altre faber citerà la sua Seems So Long Ago, Nancy) e soprattutto George Brassens di cui ha ripreso alcuni brani come il cinico Il gorilla e Nella mia ora di libertà. Mentre tutto l'album Storia di un impiegato (che contiene queste due ultime canzoni e la deflagrante Il bombarolo, tanto cara ai giovani rivoluzionari) è liberamente ispirato a La centrale idroelettrica di Bretska di Evtusenko. Non poteva mancare il maestro Dylan cui Faber ruba uno dei brani più cinici e surreali (insieme a Francesco De Gregori, con cui scriverà anche Canzone per l'estate) trasformando Desolation Row nella poetica e tetra Via della povertà e poi (con l'aiuto di Massimo Bubola, reinventa la countreggiante Romance In Durango in Avventura a Durango.
Non mancano certo nel suo repertorio le citazioni del folklore e della cultura popolare, come accade in brani che vanno da Volta la carta ad Ave Maria, che riprende un canto folk sardo ed è stata scritta dopo il rapimento di Fabrizio e Dori, senza parlare dell'intero album-capolavoro Creuza de ma.
Insomma leggendo questi volumi e riascoltando queste canzoni si trova la complicata e geniale anima artistica e umana di Fabrizio, quel suo fustigare, amare, odiare, soffrire e ricordare al mondo intero che «tutti morimmo a stento».
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