Fare sesso? No, we Kant

Nel saggio della filosofa Manon Garcia sul consenso muore ogni emozione e l'amor carnale è derubricato a questionario. Che smoscia la passione

Fare sesso? No, we Kant

State per avere un rapporto sessuale? Siete maschi? Lei è desiderosa e non vede l'ora? State attenti. Bisogna vedere se è consenziente. Vi ha detto sì? Vi ha baciati? Non è detto che lo voglia davvero. Dovete documentarvi sul consenso, e i libri delle femministe al riguardo si moltiplicano. Va da sé che un libro femminista debba essere scritto da una donna, altrimenti è un uomo che fa mansplaining (cosa che però non quadra con l'identità di genere, e se l'uomo si sente una donna? Devono ancora risolvere la questione, credo).

Io, che ho cinquantun anni e ho smesso di fare sesso ormai da tre anni per noia (troppo faticoso sopportare il prima e il dopo del sesso), ogni tanto mi documento, nel caso mi tornasse la voglia. Così mi sono letto il libro di Manon Garcia, edito da Einaudi, che ha un titolo che non lascia dubbi: Di cosa parliamo quando parliamo di consenso. Ecco, di cosa parliamo? Una cosa complicatissima, che inizia così: «Innanzitutto, la definizione del consenso non va da sé. Che cosa significa, infatti, essere d'accordo ad avere un rapporto sessuale?».

Si parte con la definizione di stupro, e lì credevo non ci fossero dubbi. Se non che il concetto di stupro si allarga talmente che tutto diventa uno stupro se non seguite le regole del comprendere il consenso. Credo che perfino Einstein ci si sarebbe impantanato. Si citano antropologi, sociologi, Foucault, John Stuart Mill, soprattutto Kant, dall'inizio alla fine, per il quale «agire moralmente implica due doveri diversi: uno, negativo, di non usare gli altri come mezzo, e uno, positivo, di trattarli come fine, cioè di riconoscerli come ciò che Kant chiama il fine in sé». Kant non parlava di sesso, ma «nel quadro di una riflessione sulla sessualità, come hanno mostrato vari articoli di filosofia femminista, questo dovere negativo può essere inteso come un dovere di non trattare gli altri unicamente come oggetti che servono alla soddisfazione del nostro desiderio e del nostro piacere». Insomma, la filosofia di Kant è trasformata nella critica della ragion sessuale femminista pura.

È buffo perché a leggere la filosofia femminista sembra che a voler avere rapporti sessuali siano solo i maschi, il che dovrebbe essere offensivo per le donne. Vivisezionando kantianamente il consenso un sì (di una donna) può voler dire no, un no significa sempre no, e poi c'è il sì che può diventare no durante. (Durante il coito chiedete ogni cinque secondi: «È ancora sì? Sicura? Non è un sì che magari è un no?»). Qui la Manon ha ragione, a me successe una volta: durante il durante dell'amplesso, una donna mi disse no, basta, e a me passò immediatamente ogni voglia e dissi ok. «Ma perché hai smesso?». «Hai detto no, basta». «Ma intendevo dire sì, a me eccita dire no». «Ah. Non potevi dirlo prima?». Questo no che vuol dire sì non è preso però in considerazione dalla Manon, perché si parte dal presupposto che una donna si conceda sempre al piacere dell'uomo, a meno che l'uomo non sia Kant.

In compenso ci sono tanti esempi nel libro. Il migliore è questo: due persone, Camille e Dominique, si incontrano usando Tinder. Dominique vuole «una botta e via», Camille non precisa niente ma desidera un rapporto amoroso a vita (così, senza neppure conoscerlo, come fanno le donne mi verrebbe da dire, ma poi mi accusano di maschilismo). In ogni caso, state a sentire qui: «Dominique accetta verbalmente con entusiasmo di avere un rapporto sessuale con Camille pensando sia l'inizio di una vera e propria relazione; Camille non ha ingannato Dominique e Dominique ha acconsentito in modo formalmente valido, anche rispetto allo standard esigente del consenso affermativo (solo sì significa sì)». Mentre sappiamo che sì può significare no. Perché uno voleva una botta e via e lei una relazione a vita. «Tuttavia è facile argomentare che, pur non avendo usato Camille come un mezzo, Camille, non interessandosi di ciò che Dominique poteva davvero volere, non ha manifestato nei suoi confronti il rispetto e l'amore necessari per trattare qualcuno come persona. Ciò dimostra come non si possa pensare che il consenso definito secondo la concezione liberale abbia il potere normativo che esso ha in quella kantiana e, di conseguenza, che basti che un rapporto sessuale sia consenziente perché sia buono».

Io obietterei che se questa Dominique voleva cercava il principe azzurro su Tinder, incontra uno, e ci va subito a letto non per andarci a letto, è scema. Ma analizzando le cose dal punto di vista kantiano era Camille a doversi sincerare cosa volesse Dominique. Cioè lui è uno stronzo maschio etero porco, lei una che si era illusa, pur non avendo dichiarato niente (sennò lui giustamente scappava). Era Camille a doverlo immaginare.

Comunque ora che ho letto la Manon, se fossi approcciato da una turista inglese e mi chiedesse di andare a letto con lei, non avrei bisogno di dirle che non ho voglia e il sesso mi annoia, direi solo «No, sorry, I Kant».

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