Ma ce ne fossero di artisti come Ed Sheeran. Nell'epoca dell'estremo a tutti i costi, delle valanghe social, dell'apparire più che del suonare, lui fa il musicista e tanti saluti a tutto il resto. Scrive canzoni. Le canta. E appare, ma non troppo. Così quando esce un suo disco, si parla di musica, non del caravanserraglio che ormai è d'obbligo e che nel menu del pop è spesso il piatto principale. In '=' che esce oggi in tutto il mondo ci sono 14 canzoni ma un solo spirito, quello essenziale che porta un trentenne di Halifax (dicesi Halifax nel West Yorkshire sotto la Scozia e di fianco al Galles, mica Manhattan)a essere oggi la vera popstar globale pur essendo la più local, la più «normal» nonostante ormai abbia un curriculum da far invidia a chi cerca la fama purchessia, a qualsiasi costo, senza avere una bussola artistica a guidarne il cammino. Dopotutto, se è stato il primo a raggiungere i due miliardi di streaming su Spotify con un brano (Shape of you) e se totalizza una media di 75 milioni di streaming al mese, ossia più dei Beatles, è la conferma che la qualità funziona sempre, anche senza ammennicoli glamour oppure tempeste social. L'euforia contagiosa della normalità.
E bastano brani come l'uptempo Tides, che apre tutto il disco, a dare le prime coordinate: una sorta di bilancio con voce in primo piano e aperture al sogno, all'immaginazione. Sono canzoni che toccano le coordinate dell'animo e della vita qualunque, quella esaltata dalle gioie e dai tormenti che attraversano tutti noi. C'è l'amore in The Joker And The Queen, 2Step e First Times. C'è la perdita dell'amicizia e della vita in Visiting hours. E c'è l'analisi della paternità in Sandman e Leave Your Life, la paternità di un uomo sposato che, allo stesso tempo, è anche il protagonista del tour più redditizio della storia da oltre mezzo miliardo di dollari di incasso (l'ultima volta con i concerti a Firenze, Roma e Milano ha raccolto 180mila persone). E il dualismo tra normalità e straordinarietà convive perfettamente in questo inglese rosso di capelli e dalla pronuncia ostica che, appena diventato padre di Lyra Antarctica (nata a settembre 2020), ha trascorso qualche mese in Italia nella sua villa in Umbria con vista sul Lago Trasimeno: «Volevamo trascorrere tre mesi lontano da tutto e da tutti e l'Italia è stata il luogo perfetto. Siamo rimasti qui da ottobre a poco prima di Natale del 2020». In quel periodo Ed Sheeran ha persino deciso di «imparare l'italiano». Pensate che, come spiega in una breve intervista video, avrebbe addirittura voluto girare in Vaticano il video di Visiting hours, ma non ha ricevuto le autorizzazioni (o magari non le ha neppure chieste, chissà). «Poi lo abbiamo girato a Londra, che ha belle chiese barocche», dice lui senza dare troppo peso al dettaglio. In ogni caso, il rapporto di Ed Sheeran con l'Italia che non è casuale: «L'ultimo pezzo del mio prossimo disco dovrebbe proprio intitolarsi Italia», annuncia con nonchalance (verrà a Milano a fine novembre per uno speciale evento live al quale potranno partecipare 400 spettatori tra quelli che hanno comprato l'album su Mondadoristore.it o nel Mondadori Megastore di Piazza Duomo). E se si ascolta Love in slow motion, che vagamente ricorda pure James Blunt, si capisce come mai Ed Sheeran in Italia si trova a casa. La struttura delle sue canzoni è cantautorale, nel senso che i testi non hanno slanci propagandistici né tantomeno politici. Sono descrittivi. E hanno la forza dell'empatia, ossia della capacità di coinvolgere l'ascoltatore con la forza della storia e dell'interpretazione. Non a caso Ed Sheeran nel 2015 è stato il primo (e per un bel po' resterà l'unico) a esibirsi allo stadio di Wembley completamente da solo, chitarra e voce e nient'altro. Un uomo solo al comando di tre concerti.
Qualcosa che è realmente in controtendenza rispetto alla megalomania che spesso appesantisce la musica privandola della necessaria essenzialità.
Insomma questo disco dal titolo che segue la linea dei precedenti tre (+ nel 2011, x nel 2014 e ÷ nel 2017) ha la forza spontanea della semplicità che salta tutti gli anfratti tecnologici: Ed Sheeran oggi è uno dei pochi artisti mondiali ad arrivare in scena davvero nudo e a raccontarsi per quel che è. Una rarità. E perciò un vero fenomeno.
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