C'è un film, apparentemente un piccolo film, che s'insinua tra le nomination agli Oscar nelle categorie più importanti senza che abbia avuto la possibilità di passare nelle sale italiane. In questo vuoto pneumatico distributivo bene ha fatto Netflix, il servizio di Internet Tv con la più grande rete al mondo, a comprarlo per il suo catalogo in esclusiva per il nostro paese. Ecco dunque Hell or High Water del britannico David Mackenzie che torna a girare negli Stati Uniti per raccontare una storia radicata nell'America più profonda, quella che - siamo in Texas - riconosciamo immediatamente lontano un miglio, ma che la politica sembra guardare sempre con distanza. Così la vicenda di Toby Howard interpretato da Chris Pine (Star Trek Beyond), un padre divorziato che, insieme al fratello Tanner (Ben Foster), mette a segno in pochi giorni una serie di rapine a numerose filiali della stessa banca per pagare un grosso debito che incombe sul loro ranch di famiglia, finisce per raccontare molto di quei dieci punti percentuali che hanno consentito a Trump di vincere su Hillary Clinton, in Texas e non solo. Il paesaggio è desolato, geograficamente ma anche umanamente, perché le stazioni di servizio sono deserte, i pozzi di petrolio abbandonati e la gente fatica ad andare avanti. E poi ci sono le banche, viste come il male assoluto, e la metodicità con cui i due fratelli si accaniscono nello svaligiarle strappa pure qualche sorriso, se non di complicità almeno di simpatia. In fondo il meccanismo alla Robin Hood è sempre lo stesso e non a caso gli Usa sono stati il paese di John Dillinger, il nemico pubblico numero uno che durante la grande Depressione rubava alle banche e se la spassava tra abiti eleganti e belle donne. Ma oggi tutto è cambiato (a parte la grande crisi economica), e se allora a dare la caccia a Dillinger c'era il capo dell'Fbi J. Edgar Hoover, ora sulle tracce dei due fratelli, vestiti umilmente ma fieramente da cowboy, c'è un Texas Ranger un po' sovrappeso e in procinto di andare in pensione come Marcus Hamilton interpretato da uno strepitoso Jeff Bridges. Anche qui il congegno narrativo è quello rodato, ma sempre affascinante, del gioco di guardie e ladri dove poi, a conoscere bene sia i poliziotti che i delinquenti, non sapresti dire chi è messo peggio nei confronti della vita. Con i due fratelli a tentare di salvare «a ogni costo» (è questo il senso del titolo originale) le loro radici familiari, la loro casa. A scrivere la sceneggiatura troviamo un nome peculiare come quello di Taylor Sheridan che, come primo mestiere fa l'attore quasi esclusivamente televisivo, e da qualche anno si è messo a scrivere per il cinema raccontando il tema della moderna frontiera americana, sia nel bellissimo Sicario di Denis Villeneuve (il regista di Arrival in questi giorni nei cinema) che nel suo primo film da regista Wind River da poco presentato al Sundance Film Festival.
Ma l'Academy sembra aver capito il valore della sua sceneggiatura dato che Hell or High Water ha avuto una nomination nella categoria importante delle sceneggiature originali oltre a concorrere per la statuetta come miglior film (i produttori Carla Hacker e Julie Yorn), migliore attore non protagonista (Jeff Bridges appunto) e miglior montaggio (Jake Robe\rts). Peccato che non sia stata presa in considerazione la musica di Nick Cave.
Anche alla luce di questi successi, di quelli della selezione in festival importanti come Cannes (era nella sezione «Un Certain Regard») e alla Festa del cinema di Roma (sezione «Tutti ne parlano»), e in fondo anche di quelli economici (il film è uscito in pochi cinema statunitensi ma è comunque riuscito a ottenere 24 milioni di dollari che sono più del doppio del suo budget), continua a essere un mistero il perché nessuno l'abbia voluto distribuire nelle nostre sale. Sarà difficile ma chissà che la sera della cerimonia degli Oscar, il 26 febbraio 2017, qualcuno non si mangi un po' le mani.
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