Il film del weekend: "La teoria del tutto"

James Marsh dirige un biopic elegante e toccante il cui punto di forza sono le splendide interpretazioni degli attori protagonisti

Il film del weekend: "La teoria del tutto"

Basato sul libro di memorie di Jane Hawking, il nuovo film del premio Oscar James Marsh, "La teoria del tutto", racconta i venticinque anni di matrimonio tra la donna e uno dei più grandi scienziati e astrofisici del nostro tempo. Stephen Hawking (Eddie Redmayne) e Jane Wilde (Felicity Jones) si conoscono nel 1962 a Cambridge, dove entrambi frequentano l'università: lui è un promettente studente di cosmologia, lei è appassionata di letteratura. Sono innamorati da poco quando a Stephen viene diagnosticata una terribile malattia degenerativa che pare condannarlo alla paralisi e ad un'aspettativa di vita di soli due anni. Superato lo shock, Jade resta accanto al suo giovane compagno e, consapevole di avere con lui i giorni contati, decide di viverli il più appieno possibile: i due si sposano e mettono su famiglia. Nel frattempo la mobilità dell'uomo è quasi completamente scomparsa mentre la sua mente compie viaggi che, al contrario, sembrano non conoscere confini e va alla ricerca di una formula che, da sola, contenga la spiegazione di tutte le forze fisiche dell'universo. Il film sposa da subito la prospettiva sentimentale, ritraendo con eleganza e delicatezza il dolore e il pathos che costellano una siffatta storia d'amore. Il focus è sullo stoicismo, senza dubbio toccante, con cui Jade si prende cura del marito e con cui lui prosegue a dedicarsi agli studi, nonostante le proprie condizioni.

Non si entra mai davvero nel merito delle teorie scientifiche portate avanti da Hawking ma si evince come al centro della sua ricerca scientifica ci sia il tempo che, del resto, costituisce anche l'incognita dell'equazione della sua vita non potendo egli sapere quanto ne strapperà ancora alla malattia. Il giovane Eddie Redmayne è riuscito nell'impresa di cimentarsi con grande mestiere in una progressiva trasformazione fisica ed espressiva, una vera e propria metamorfosi che lo candida a vincere prestigiosissimi premi. Quanto a Felicity Jones, la coprotagonista, ha una parte meno appariscente ma la sua performance è lodevole: la sua Jade, giovane donna caparbia e dall'abnegazione indomita, somiglia a quei piccoli miracoli di adattabilità che sono certi fiori capaci di sopravvivere in una fessura del cemento.

E' grazie a lei che la pellicola si illumina e diventa un inno ai sacrifici che un essere umano mosso da sentimento è in grado di fare. La sua presenza allude continuamente al fatto che forse non servano calcoli matematici per scoprire che la forza più potente presente nell'universo è l’amore, sebbene sia anche la più irrazionale e sfugga a ogni formula. I dialoghi tra coniugi sono spassosi quando l'argomento ruota attorno al concetto di Dio, perché Stephen si diverte a confutarne l'esistenza agli occhi della cattolicissima consorte; la complicità tra i due si rafforza però soprattutto nei momenti di sofferenza, le cui scene hanno sempre tracce di poesia silenziosa e non sono mai emotivamente ricattatorie. Il tema musicale, molto bello, punteggia le scene di vita quotidiana di queste due persone così come le immagini dello spazio profondo, suggerendo continuità tra due scenari in cui, per motivi diversi, la parola "limite" non esiste.

C'è sempre bisogno di storie vere dal messaggio edificante e quella del film non rivela forse l'equazione segreta dell'Universo, ma suggerisce gli ingredienti per riuscire a trasformare la propria vita: amore, dedizione, sacrificio e un pizzico d'umorismo.

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