"The French Dispatch", Wes Anderson in preda a un eccesso di autoreferenzialità

Il regista replica se stesso con un film che è mera esplorazione della propria inconfondibile cifra estetica. Il risultato è di una perfezione visiva stucchevole e narrativamente noioso

"The French Dispatch", Wes Anderson in preda a un eccesso di autoreferenzialità

Con The French Dispatch, attualmente al cinema, Wes Anderson pare aver smarrito la sua capacità di affabulare.

Nel film troneggia un’inventiva a tratti inarrivabile ma dal formalismo stancante. Il creatore di mondi cui si devono titoli splendidi come “I Tenenbaum”, “Moonrise Kingdom” e “Grand Budapest Hotel” è vittima di un paradosso: da un lato ha confezionato quella che è l’esperienza più immersiva possibile nel suo immaginario, dall’altro ha tralasciato di dare un cuore a questo capolavoro di minuzia estetica.

L’architettura inappuntabile e sovraffollata di oggetti eccentrici, il brulicare di personaggi bislacchi e volutamente bidimensionali, le solite tavolozze dalle palette pastello sono tratti distintivi di un anticonformismo alla lunga convenzionale.

A questo giro l’assetto narrativo è tale che i contenuti vengono sacrificati, mentre il focus è su inquadrature che rasentano il parossismo geometrico. Inoltre il distacco emotivo finalizzato all’umorismo, stavolta, amplifica la mancanza di coinvolgimento che scaturisce dall’insieme.

Certo, se il punto di arrivo per un autore consiste nell’avere uno stile personale riconoscibile all’istante, il calcolo con cui si è mosso Anderson non ha eguali, ma nel caso di “The French Dispatch” quel che potrebbe essere l’estasi dei fan, potrebbe rivelarsi il castigo dello spettatore medio.

Siamo di fronte a un esercizio di stile quasi ossessivo, estremamente manierato, zeppo di cinefilia francofila, con un cast impressionante di star in parte sfruttate solo come scenografia. La ciurma da tappeto rosso vanta tra i componenti Adrien Brody, Benicio Del Toro, Christoph Waltz, Edward Norton, Elisabeth Moss, Frances McDormand, Jeffrey Wright, Léa Seydoux, Liev Schreiber, Mathieu Amalric, Owen Wilson, Saoirse Ronan, Tilda Swinton, Timothée Chalamet, Willem Dafoe, Bill Murray, Angelica Huston.

“The French Dispatch” finisce col sembrare uno splendido teatro di burattini, in cui figure stilizzate sono coinvolte in una giostra di citazioni e accadimenti bizzarri.

Il film si articola in tre capitoli principali, ciascuno corrispondente a un reportage pubblicato sul numero speciale di "The French Dispatch", fittizio giornale americano dell'altrettanto immaginaria cittadina francese di Ennui-sur-Blasé. L’episodio più riuscito vede Del Toro nei panni di un pittore geniale rinchiuso in un carcere psichiatrico e con, per musa, la secondina Seydoux (alle prese con un nudo integrale).

Questo divertissement dal sapore vintage nasce come omaggio alla carta stampata e al giornalismo di un tempo, con riferimento soprattutto al New Yorker, non a caso la densità di ogni immagine rammenta certe meticolose copertine uscite dal genio di Saul Steinberg (da non perdere la mostra a lui dedicata alla Triennale di Milano).

Ammaliati o annoiati che si sia durante il film, resta oggettivo che l’approccio visivo

fagociti lo script: nessuna dinamica di redazione o cose del genere, Anderson mette in scena semplicemente l’abuso e radicalizzazione della propria cifra autoriale.

Uno slancio ardito ma in parte respingente.

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