Ghali entra in carcere per presentare una canzone d'amore (e di galera)

Il trapper: "Ho scelto questo posto perché ci venivo a trovare mio padre"

Ghali entra in carcere per presentare una canzone d'amore (e di galera)

San Vittore, il carcere di Milano, è stato costruito secondo il principio ottocentesco del panopticon. Ma ieri nello spazio centrale da cui si dipartono i sei raggi, con la sua architettura ottocentesca sembra quasi di stare sotto una cupola da chiesa, è successo qualcosa di non abituale per una struttura carceraria. Il rapper Ghali, origini tunisine una infanzia a Baggio -per dirla come lui con «la mamma bidella e il papà in una cella» ha presentato lì il suo nuovo singolo, disponibile dalla mezzanotte di ieri e intitolato I love you. Ad assistere alla presentazione, alcuni dei detenuti del braccio maschile giovani (dai 18 ai 25 anni) e altre detenute del braccio femminile. Perché? Lo spiega Ghali: «Negli scorsi giorni sono stato molto qui a San Vittore. Mi ha risvegliato molti ricordi di quando venivo qui a trovare mio padre detenuto... Vedete quando ho scritto questa nuova canzone che è una lettera d'amore che potrebbe partire da una prigione o essere diretta a una prigione mi è venuto in mente che per presentarla non volevo fare solo merchandising volevo anche usarla per raccontare delle storie che di norma non si raccontano». E infatti con i detenuti ha girato delle video interviste per raccontare la vita in carcere e cos'è la musica per chi sta dietro le sbarre.

Come spiegano alcuni detenuti a volte in una cella una canzone è la sola libertà che resta, una ragazza dice: «io ballo sempre quando le guardie non mi vedono, se no mi imbarazzo». Però quando parte I Love You i detenuti, pur ovviamente da seduti, ballano e come. In prima fila c'è una ragazza col velo che agita le braccia come ad un concerto allo stadio. E del resto il testo, pur orecchiabile, tocca un bel po' dei loro guai: «C'è chi canta insieme a una sirena/ C'è chi balla dentro a una galera/ Dov'è sempre mezzanotte». E ancora: « Mi sento come come se non ci fossero muri/ Mi sento come se non avessi più dubbi/ ti mando un pezzo premi play metti le cuffie e fuggi...».

I detenuti ringraziano, Ghali ringrazia loro: «Finalmente ho passato del tempo con persone che ti parlano e non guardano sempre il cellulare. E poi se canto è anche perché, una volta, quando venni a trovare mio padre qui in prigione il figlio di un altro detenuto mi fece sentire come cantava...».

I ragazzi applaudono, qualcuno gli chiede una sua vecchia canzone che si intitola Marijuana. Lui dice: «Ma l'hai ascoltato bene il testo? Ci sono dentro tante cose non fermarti al ritornello, parla di cose dure, non fermarti lì». Un altro detenuto invece il testo lo ha capito e lo cita pure. Dopo sono solo abbracci e cancelli che si chiudono. Qualcuno esce, i più restano dentro.

Magari continueranno ad ascoltare questo singolo che come copertina ha un ballerino, in stile molto Michael Jackson (uno dei feticci di Ghali), che balla con una mirrorball legata alla caviglia, per sfondo sbarre e una giungla che è un sogno di libertà.

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