New York - Sono passati otto anni da quando la leggendaria serie televisiva Sex and the city ha chiuso i battenti. Ma la rete televisiva americana che l’ha lanciata, la provocante Hbo, vuole ancora essere il vessillo delle nuove generazioni e lo fa puntando il mirino sugli hipster.
Il termine è stato riattualizzato negli anni Duemila per indicare i giovani, di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa - anche se in fondo erano hipster già Jack Kerouac e i figli dei fiori della San Francisco anni Sessanta. Ma come seguire l’hypsteria adorando la cultura liberal e far tardi con il rock indipendente, se non ci sono più soldi? Come selezionare l’abbigliamento, la musica, le t-shirt vintage e il Blackberry se si rifiuta un lavoro che non sia «ideale» e in linea con la loro filosofia? I nuovi serial cercano di affrontare questa crisi esistenziale.
In prima linea nella nuova tv hipster c’è Girls, proprio della Hbo, che ci catapulta subito in una New York dove vivono quattro amiche. Girls non è proprio l’anti Sex and the city, anche se il paragone è piuttosto inevitabile. Le giovani protagoniste (Hannah, Marnie, Jessa e Shoshanna) sembrano aver ripreso il filo delle quattro single di allora e vivono nelle strade trafficate di New York, hanno conversazioni davanti a caffè o in un bagno dai colori vintage e s’innamorano di ragazzi sbagliati, ma stavolta il loro guardaroba è perfettamente hipster, con outfit sono molto poco glam e tutta la frustrazione di chi è squattrinato.
C’è poi la serie musicale Glee, della Fox, che dopo aver trattato i temi gay, tra i liceali, fa un ulteriore passo in avanti nel mondo hipster proponendo il primo personaggio adolescente trans, che vorrebbe esibirsi sul palco di una sfida canora col suo alter ego femminile, e il primo tentato suicidio di un teenager. Segue la serie hipster della rete IFC, intitolata Portalndia e ambientata nella capitale (estremamente hipster) dell’Oregon negli anni Novanta e un’altra, ancora in pre produzione, ambientata nel quartiere newyorchese di Williamsburg, dove è nato il movimento. Per il cinema invece Woody Allen sta preparando, come sempre in segreto, un film sugli hipster di San Francisco.
Le quattro protagoniste di Girls (soprannominato dai critici «white girls» per l’ovvia mancanza di protagoniste nere o ispaniche) sono immerse nella crisi finanziaria, che le avvolge tra problemi di lavoro e vicende sentimentali, mentre combattono con una città che sembra inizialmente ostile. Non è facile arrivare a fine mese a New York e lo capiamo subito quando la protagonista Hannah si deve confrontare con i suoi genitori. I quali (Peter Scolari e Becky Ann Baker) le annunciano che da quel momento in poi dovrà mantenersi con i suoi soldi.
Da lì s’innesca il concetto del serial: come possono i giovani hipster vivere da new hippies senza l’aiuto finanziario di padri e madri? Una realtà con la quale questa generazione si deve confrontare quotidianamente: molti non hanno più nemmeno i soldi per il canone televisivo. È buffo, infatti, riflettere sull’ultimo dato di Time magazine, cioè che un numero maggiore di giovani ha scritto blog sul serial Girls di quanti in realtà hanno visto la seconda puntata. Intitolata, senza mezzi termini, Il panico della Vagina quest’ultima ha voluto affrontare il tema dell’aborto.
In realtà le quattro protagoniste di Girls non soffrono, poiché sono tutte figlie d’arte.
C’è Lena Dunham, che a 25 anni è già riuscita a scrivere, recitare, dirigere e vedere prodotto il suo show da una delle emittenti più grandi d’America e che quindi non soffre della ristrettezze delle altre ragazze hipster; c’è la figlia dello sceneggiatore David Mamet, Zosia Mamet, che tra l’altro interpreta anche una lesbica hipster nella serie Mad men. C’è Allison Williams figlia di un famoso conduttore del telegiornale serale Brian William e Jemima Kirke, figlia del batterista del gruppo Bad Company, Simon Kirke.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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