Giulio Golia ha vinto la sua battaglia contro il coronavirus. Dopo un mese di malattia l'inviato de Le Iene è risultato negativo al tampone, ma Golia non è ancora definitivamente guarito. Lo ha confessato lui stesso a Libero Quotidiano, che lo ha intervistato al termine del lungo periodo di isolamento: "Di tutto quello che è successo ho perso l'udito all'orecchio sinistro, ancora oggi non è recuperato totalmente".
Il Covid ha colpito duramente Giulio Golia che, dopo quattro settimane di contagio, è riuscito a raccontare la sua esperienza. L'inviato ha contratto il virus durante un pranzo di lavoro con una persona che non sapeva di essere contagiata: "Dopo due giorni ho iniziato ad avere dolori, tosse, peso ai bronchi, fortissima emicrania, non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Non ho mai avuto febbre, l'olfatto è rimasto, ma ho perso l'udito all'orecchio sinistro. Vedevo le ombre". Anche la moglie, Claudia, è stata a sua volta contagiata e ha rischiato il ricovero in ospedale per continui collassi dovuti all'altalenarsi della febbre.
Nonostante il virus se ne sia andato, e gli strascichi rimangano, Giulio Golia oggi è arrabbiato: con il sistema "che non supporta i pazienti" e con chi ha gestito malamente l'app Immuni, uno strumento utile ma che di fatto non funziona.
Quello che ha colpito maggiormente Giulio Golia è stato non riuscire a districarsi nella miriade di numeri e contatti per ottenere informazioni e aiuto. Lui che di lavoro fa questo: "Sei chiuso in casa e cerchi aiuto. Ho avuto difficoltà io a sentire l'Asl o Immuni, figuriamoci le persone normali. Dicono di non assalire i pronto soccorso ma se non ti danno risposte, consigli, alla fine sei ridotto a farlo". Troppe le informazioni mancanti, come comportarsi ad esempio con l'immondizia: "Quella dei malati Covid va gestita in modo particolare, ma se non puoi uscire come fai? Dopo 4 giorni in casa puzza, devi chiedere l'elemosina agli amici per venire a buttarla. Mancano linee guida generali. La gente è esasperata perché non ha risposte, sono lì ad aspettare una ipotetica telefonata. Io ho un fratello medico e le persone mi chiamano per i consigli. Ma non dovrei essere io a darli".
La questione più scottante, secondo l'inviato de Le Iene, riguarda però l'app Immuni. Uno strumento utile e importante sulla carta ma che non ha mai funzionato a dovere: "Ci ho messo dieci-dodici giorni per registrare il mio caso. Mi sono impuntato perché sono capoccione. Dall'altra parte trovi operatori sanitari che hanno altri problemi, dovrebbero prendere altro personale.
Lavoro a stretto contatto con tante persone, e loro hanno saputo che avevo il Covid dopo 12 giorni: con il lavoro che faccio, poteva essere una strage. Immuni ha senso, ma deve essere un servizio immediato".
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