The Gray Man, il nuovo film d’azione con un cast di divi del calibro di Ryan Gosling e Chris Evans, dopo una manciata di giorni nelle sale approda già su Netflix ed è il film più costoso di sempre tra quelli prodotti dal colosso dello streaming.
Il budget di 200 milioni di dollari si vede tutto, considerato che in due ore la narrazione tocca i quattro angoli del globo e che l’azione ha un tasso di distruzione da far invidia a un disaster movie.
Primo titolo di un futuro franchise, “The Gray Man” mischia capisaldi del genere adrenalinico come “007”, “Mission Impossible”, “Fast & Furious” e “John Wick”. Il potenziale spettatore tenga però bene a mente che, in questo caso, siamo di fronte a intrattenimento action fine a se stesso, mai coadiuvato da sfumature thriller e da suspence degna di questo nome.
Il film si apre in un penitenziario della Florida in cui viene proposto a un giovane condannato a decenni di carcere (Ryan Gosling), di veder commutata la propria pena in un percorso di addestramento atto a farne un’arma della Cia. Ad attenderlo, missioni sotto copertura in cui uccidere individui ritenuti scomodi. L'ex detenuto, assunto il nome in codice di “Sierra Six”, si distingue per affidabilità ed efficienza almeno fino al giorno in cui una sua vittima, in punto di morte, gli consegna qualcosa che può provare le malefatte dei vertici dell’agenzia. Accade quindi che il killer provetto, in preda ai dubbi, decida di disertare e divenga ricercato a livello internazionale. L’incarico di trovarlo e farlo fuori è affidato al peggior assassino su piazza (Chris Evans), conclamato sociopatico che, in quanto tale, non conosce regole né sensi di colpa. L’eccentrico sadico, forte di poter disporre di risorse senza limiti, coordina intere squadre di assassini per raggiungere il suo scopo.
Tratto da un romanzo del 2009, “The Gray Man” in mano ai fratelli Russo (quelli di “Avengers: Endgame”) diventa un agglomerato di catastrofi metropolitane, nonché una sequela infinita di inseguimenti, lotte, esplosioni e sparatorie. Che siamo a Praga o in un castello croato (che nella realtà è quello di Chantilly in Francia), a brillare sono il comparto tecnico e il connubio tra battute a effetto e spettacolarità.
Difficile trovare una visione più manichea del bene e del male di quella alla base di “The Gray Man”, la cui narrazione aborra le sfumature, segue una trama ridotta ai minimi termini e sembra vantarsi della rinuncia totale a ogni forma di realismo. I due protagonisti non solo vendono cara la pelle e seminano un numero non quantificabile di morti durante le loro coreografiche peripezie, ma paiono essere in “zona supereroi” quanto a invincibilità.
I cliché di genere ci sono tutti, fin dalla seconda possibilità data al detenuto nell’incipit. Forte di ironia, adrenalina e quanto basta di tensione drammatica, “The Gray Man” sposa una violenza patinata.
Chris Evans convince nei panni del folle dalla spietatezza imprevedibile. Il suo personaggio è la perfetta antitesi di quello, sornione e silenzioso, interpretato da Gosling. La monoespressività di quest'ultimo, alla prova attoriale più fisica della carriera, in questo caso fa gioco perché supporta la caratterizzazione di Sierra Six, addestrato fin da piccolo a restare impassibile di fronte a qualsiasi accadimento.
Ana de Armas, qui meno folgorante rispetto alla sua bond girl in “No Time to Die”, stavolta è impegnata a rendere credibile il personaggio piuttosto che a sedurre lo spettatore. L’altro bellissimo, Regé-Jean Page (già duca di “Bridgerton”), non può dirsi particolarmente incisivo. Assai superiore la riuscita della star indiana Dhanush, al suo debutto a Hollywood: la sua breve apparizione nei panni di un sicario intriga al punto che non stupisce si parli già di uno spin-off a lui dedicato.
Di fronte a film come “The Gray Man” non
è il caso di porsi chissà quali domande che riguardino la settima arte. Sono prodotti costruiti a tavolino, algoritmo alla mano, e che se va male annoiano, se va bene divertono. In questo caso la seconda.
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