"Sono rimasto Cosimo (Fini, il cognome, ndr) quando il 90 per cento dei rapper è falso. Si fingono gangster o inventano un' adolescenza difficile ma se finiscono in quegli ambienti prendono schiaffi. Io non mi spaccio per malavitoso, ma ne conosco e mi rispettano", sono le prime righe dell'autobiografia Guerriero di Gue Pequenò, stella e leggenda del rap italiano.
La vita da rapper e da gangster
Nel volume che lui stessa non definisce come una biografia, piuttosto "un flusso di pensieri", per il quale precisa "non chiedo riconoscenza o il tappeto rosso, non il Pulitzer come fanno in America con Kendrick Lamar perché da noi il rap non è mai stato capito: suona arrogante ma è un bilancio sull' influenza che ho avuto sul rap italiano".
Una vita di successo in cui, Gue spiega: "Camminavo coi delinquenti e coi borghesi allo stesso tempo, avevo visto la ricchezza e volevo avere accesso a quel mondo lì, ma al tempo stesso non ero davvero ricco di famiglia". Una carriera colma di soddisfazioni. Basti pensare che con i Club Dogo ha dato il via alla cultura hip-hop in Italia: "Volevamo essere degli zarri di lusso, dei tamarri fighetti". E ancora: "Sono autentico, nel bene e nel male. Le mie rime stanno al rap come il neorealismo al cinema. All' epoca del mio primo disco solista uscivo con Nicole Minetti, viaggiavo su aerei privati, hotel a 5 stelle". Ci tiene a precisare con forza sulle pagine de Il Corriere della Sera che "per mantenere lo stile di vita che sognavo ho lavorato duro. Da ragazzino vendevo tshirt, mixtape... Adesso il mio modo di essere hustler (trafficone ndr) è cambiato: ho una linea di abbigliamento, investimenti immobiliari, sono socio di una gioielleria e di un franchising di cannabis legale. Altro che quelli passano la giornata su Instagram".
La scena hip-hop
Come non parlare degli altri artisti che lo accopagno nelle classifiche? Impossibile. Gue ha le idee chiare: "Sfera (Ebbasta, ndr) ha talento anche se si ispira fin troppo, e uso un eufemismo, a certi rapper americani. Ghali, che misi sotto contratto agli esordi, ha cambiato direzione troppe volte per essere veramente autentico: da gangster a mamma Africa ce ne passa. Mancano a tutti i testi, l' unico che fa capolavori è Vale Lambo. La Dark Polo Gang ha basi forti ma, e lo dice uno ossessionato dai marchi, parla solo di moda: fanno entertainment, se cerchi poesia vai da De André". E sul litigio con il duo J-Ax e Fedez ammette: "Con Ax non ho mai litigato e c' è rispetto.
Con Fedez ho chiarito tutto quando ha riconosciuto il mio ruolo nel rap commentando la bufera che si era scatenata per una mia disavventura social (aveva postato per errore un video intimo, ndr). Mi hanno invitato al loro concerto e ci sarò. Anche se il giudizio sulla loro musica non cambia: non è cool"- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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