
Rivoluzione francese o rivoluzioni francesi? Questo è un tema su cui gli storici dibattono da un bel po', perché tra il 1789 e il colpo di stato di Napoleone, il 18 Brumaio 1799, avvengono molti sommovimenti politici: tutti certamente correlati, ma non necessariamente legati agli stessi ideali e alle stesse dinamiche sociali. Insomma, ci sono, secondo molti studiosi, rivoluzioni diverse che si sovrappongono. Il dibattito non si chiuderà a breve. Intanto sono arrivati due nuovi saggi, pubblicati in Francia, che contribuiranno a dare della Rivoluzione una lettura diversa.
Il primo, a carattere più generale, è quello di Loris Chavanette - storico noto per il suo saggio su Waterloo - e si intitola Quatre-vingt-quinze. La Terreur en procès (Cnrs Editions, pagg. 398, euro 26). Chavanette, in questo testo che quando era ancora una tesi di dottorato vinse il premio dell'Assemblea nazionale, ricostruisce una fase della Rivoluzione rimasto sempre in ombra: il periodo compreso tra la rivolta che abbatte Robespierre, il 9 Termidoro del 1794, e la salita al potere di Napoleone come Primo console (il già citato 18 Brumaio 1799). Non è un caso che questo periodo venga spesso trascurato. Prima c'è l'orgia di sangue di Robespierre (1758-1794), il Terrore. Subito dopo le campagne napoleoniche e uno dei periodi più concitati della storia europea. In mezzo il governo del Direttorio è stato spesso etichettato semplicemente come una contro-rivoluzione. Un momento di transizione con al potere un gruppo di noiosi burocrati che hanno come unico merito, per chi glielo riconosce, di aver fermato la furia sanculotta. Questo ad essere generosi, perché per molti storici di sinistra il vero eroe rivoluzionario resta Robespierre.
Bene, Chavanette rimette le cose a posto. Dimostrando, carte alla mano, che molti dei lasciti imprescindibili della Rivoluzione francese derivano proprio dall'attività del Direttorio. Per lui gli uomini del Termidoro non erano dei contro-rivoluzionari, semmai dei rivoluzionari che volevano andare oltre la violenza e il Terrore, riscoprendo la legge e trasformando la rivoluzione in un lascito concreto, e liberale. Qualche esempio? I diritti dell'uomo affermati nel 1789 non avevano trovato alcuna applicazione, mentre le ghigliottine amate dai sanculotti lavoravano a pieno regime (si parla di quasi 17mila vittime, anche se è impossibile fare un conteggio preciso). Saranno i termidoriani a cercare per primi di dare a quei principî un'applicazione pratica. I moderati della Convenzione, guidati da Merlin de Thionville, Thuriot, Legendre, Bourdon dell'Oise, Tallien, si diedero subito precise disposizioni per svuotare il potere dei Comitati che vennero sottoposti allo stretto controllo dell'assemblea e rapidamente rinnovati. Sarà proprio Jean-Lambert Tallien, nel 1794, pur essendo stato in precedenza vicino al Terrore, a tenere il primo decisissimo discorso a favore del ritorno della libertà di stampa. Quindi la così detta costituzione dell'anno terzo è secondo Chavanette un passaggio importante verso il futuro, piuttosto che una mera reazione. E non solo per ciò che a partire dalla costituzione del 1795 è stato realmente messo in pratica, ma, come spiega nella prefazione Patrice Gueniffey, per ciò che è stato lasciato come retaggio e reinterpretato o terminato nell'epoca di Bonaparte.
Di carattere meno generale, ma molto interessante è anche il secondo volume, dedicato alla rivolta della Vandea (avvenuta tra il 1793 e il 1794): Vendée di Jacques Villemain (Cerf, pagg. 306, euro 24). L'autore ha un approccio prevalentemente giuridico alla grande rivolta iniziata proprio durante il dominio del Comitato di salute pubblica di Robespierre e compagni. La rivolta iniziò nel marzo 1793, quando la Convenzione ordinò la leva coatta per 300mila uomini da inviare al fronte e proseguì per i successivi tre anni. Il periodo più feroce degli scontri, in cui spesso gli insorti ebbero ragione delle forze regolari, terminò con la vittoria di queste ultime nella battaglia di Savenay. La repressione che seguì, tra l'estate del 1793 e la primavera del 1794, fu feroce oltre ogni dire e costituirebbe, a giudizio di alcuni storici, il primo genocidio della storia contemporanea. Villemain di questo genocidio ricostruisce tutti i passaggi, a partire dalla documentazione d'archivio, proprio utilizzando i metodi che utilizzerebbe una moderna corte per la tutela dei diritti umani. Dal testo appare con chiarezza come quello portato avanti fu davvero un massacro sistematico pensato per depopolare un intero territorio considerato ostile e filo monarchico. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di un anacronismo sovrapporre alla guerra di Vandea i concetti giuridici del giorno d'oggi. Però indubbiamente il libro di Villemain ha il pregio di chiarire una volta per tutte che quella ai vandeani e agli chouan fu tutto tranne una guerra giusta. Se non nelle finalità, almeno nei metodi. Anzi, quei metodi sarebbero stati uno dei lasciti più atroci della Rivoluzione al mondo moderno.
Per quelle stragi non si scusarono nemmeno i moderati del Termidoro (ereditarono gli
strascichi del conflitto), ma almeno provarono a portare la Rivoluzione su binari diversi, quelli della democrazia liberale. Non ci riuscirono, ma di sicuro la loro rivoluzione anti-terroristica merita di essere riscoperta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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