Idee tante ma confuse Il cinefestival di Roma diventa schizofrenico

Il direttore Müller incrocia le dita davanti al cartellone che mischia (semi)divi e stracult. La politica intanto si defila

Idee tante ma confuse Il cinefestival di Roma diventa schizofrenico

«Se avessi saputo che dovevo fare un festival-festa, ci avrei pensato prima!», sbotta Marco Müller, presentando l'ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (8-17 novembre). Al secondo anno di direzione, il manager cinefilo d'ispirazione maoista, già dominus al Lido, ha appena ricevuto la linea da Flavia Barca, assessore alla Cultura capitolina e braccio destro del sindaco Ignazio Marino, assente ingiustificato. Come assente era, ieri, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: problemi di bilancio in corso hanno trattenuto, per la prima volta, la compagine politica. «Rinforzare la filiera turistica con la leva cinematografica. L'anno scorso sono mancate le istituzioni: si è pensato più alle persone che al progetto», ha scandito la figlia di Luciano Barca, economista dell'ala amendoliana del vecchio Pci e dunque avvezza a correggere i compagni che sbagliano. La parola d'ordine ora è: tornare alla vocazione festaiola, all'imprinting dell'era veltroniana, quando film d'impatto popolare e stand della porchetta sotto al viadotto Flaminio rallegravano il popolo e le casse dell'Auditorium. Senza pretendere di educare la gente al cinema d'autore dell'Oriente più estremo e misconosciuto, come da edizione 2012.

Il fatto è che lo stesso Müller non ha le idee chiare. Subito dopo aver incassato le nuove direttive, ricorre a un pio desiderio: «Il progetto è quello di trasformare Roma in una sorta di Toronto europea». Insomma, si punterà alla luna, ma intanto occorre volare basso, rinunciando alle anteprime mondiali a tutti i costi. Soldi per pagare i divi da invitare nella Città Eterna, non ce ne sono, tanto che ieri nessuna star ha potuto essere annunciata: trattative riservate e timore d'imbufalire la stampa con falsi annunci (l'anno scorso toccò a Tarantino). «Un momento di festival, un momento di festa», prosegue Müller, spiegando la sua strana creatura, che quest'anno conta su un budget di 7 milioni di euro. In sostanza, l'anima pop dispone dell'anteprima italiana di The Hunger Games: la ragazza di fuoco, film accompagnato dalla lanciatissima Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson e di un paio di anteprime internazionali, come Romeo and Juliet di Carlo Carlei (con Paul Giamatti e Laura Morante, il mélo batte bandiera inglese) e Stalingrad 3D, epos russo di Fedor Bondarchuk. Il divertimento arriverà con Gods Behaving Badly di Mark Turteltaub, con John Turturro, Sharon Stone e Christopher Walken starring dei dell'Olimpo, scesi a Manhattan.

«Il festival riparte come festa, ma col lusso della contraddizione: aggiungo al concorso un film kazako. Non prendetela come una battuta! Segnalo il ritorno della commedia all'italiana e un magnifico sci-fi sudcoreano: schizofrenia addomesticata, ma non doma», commenta Müller. Pure in concorso, è Giano bifronte: dalla parte del pubblico, ecco Her di Spike Jonze, con Joaquim Phoenix; Dallas Buyers Club, favorito agli Oscar, con Matthew McConaughey; Out of Furnace, con Christian Bale e Sam Shepard; Another Me di Isabelle Coixet, con Jonathan Rhys Meyers. Nella sezione «Alice nella Città», dedicata al cinema junior, spiccano Planes e Belle et Sebastien. Per i duri&puri della cinefilia, i nuovi film di Takashi Miike e Kyoshi Kurosawa, oltre a The Green Inferno di Eli Roth. E gli italiani? Apre la kermesse L'ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, con Elio Germano. Come d'abitudine, subito dopo la commedia sbarcherà in sala, confermando la tendenza: fare da cassa di risonanza delle Case distributrici. In concorso troviamo perlopiù opere prime e seconde: I corpi estranei di Mirko Locatelli con Filippo Timi; il noir partenopeo Take Five di Guido Lombardi e Tir di Alberto Fasulo.

Fuori concorso domina ancora il tricolore: da Border, bis di regia di Alessio Cremonini a Il venditore di medicine di Antonio Morabito, con Isabella Ferrari e Marco Travaglio, i nostri titoli abbondano. Probabile madrina, domani, Sabrina Ferilli. Applausi certi, ieri, ai morti: Giuliano Gemma e Carlo Lizzani. «Festival-festa? Io dico FF: Federico Fellini», scherza Müller, citando un grande scomparso.

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