Giulio Guidorizzi, grecista, traduttore e studioso con una lunga carriera universitaria alle spalle come professore di Letteratura greca e Antropologia del mondo antico a Torino e a Milano, è in partenza per Milo, nelle Cicladi, la «sua» isola; o, anche, l'«isola della bellezza», come la definisce in una delle tappe del suo Il mare degli dei (Raffaello Cortina Editore, pagg. 300, euro 20, in libreria da oggi): una appassionante «Guida mitologica alle isole della Grecia», come spiega il sottotitolo del volume, scritto a quattro mani con Silvia Romani e arricchito dalle illustrazioni di Michele Tranquillini.
Professore, perché questa «guida» così particolare?
«È la continuazione di un discorso iniziato con In viaggio con gli dei, che riguardava la Grecia continentale. Le isole greche però sono un universo a sé stante: le più antiche testimonianze della nostra civiltà europea vengono da lì, dal cuore dell'Egeo. L'idea era di creare una specie di portolano mitico, di usare il mito come filo conduttore di un discorso che portasse a incontrare queste terre, come piccole gemme sparse nell'Egeo, una diversa dall'altra».
Alcune isole hanno addirittura dato i natali alle divinità greche.
«Delo, per esempio, l'isola di Apollo. In origine era vagante sul mare come un turacciolo, dimenticata, ma quando accettò di accogliere la madre di Apollo e di Artemide, perseguitata da Era per gelosia, perché partorisse i suoi due gemelli, allora si radicò nel mare, e divenne la patria di Apollo».
E oggi?
«Ora è deserta, disabitata, di fronte alla chiassosa Mykonos, ma nell'antichità era uno dei grandi centri, commerciali e sacri, dell'Egeo. Poi c'è Nasso, dove Arianna, abbandonata da Teseo, incontrò Dioniso che la sposò e così nacquero i re mitici delle Cicladi. E poi Lemno, dove cadde il povero Efesto, cacciato dal cielo, si ruppe le gambe e fu accolto dagli abitanti, una popolazione pregreca».
Il dio aveva lì la sua fucina?
«Lì, o anche presso l'Etna, o altri vulcani, ma quella di Lemno era la sua preferita. Secondo una storia antichissima, a un certo punto a Lemno le donne uccisero tutti i maschi e fondarono una repubblica femminile. Una forma di matriarcato pregreco. A Samo, invece, l'isola di Pitagora, c'era uno dei templi di Era più importanti del Mediterraneo».
Lì si erano tenute le nozze con Zeus, come si usa ancora oggi, a casa della sposa?
«Così si diceva. In origine si trattava di un antico culto di una dea-madre del Mediterraneo, una divinità femminile un po' ribelle a Zeus, che non accettava un marito padrone...»
Ci sono isole legate agli eroi?
«Serifo, molto selvaggia oggi, nell'antichità considerata marginale, insignificante, poco più di uno scoglio, e che però produce il grande mito di Perseo, che va a uccidere la Gorgone e vaga per il mondo con i calzari alati. O Ikaria, dove cade Icaro nel suo volo».
E poi c'è «l'isola delle isole».
«Itaca. È il simbolo della patria che si cerca e come il suo re, Ulisse, è un po' sfuggente. In epoca micenea era un ponte verso l'Occidente, ci sono i resti di vari palazzi ma non sappiamo dove fosse la reggia di Ulisse, la casa dove il suo cane Argo e la moglie Penelope lo hanno aspettato. Anche se Schliemann, che iniziò la sua spedizione da Itaca, andò a cercare l'ulivo di Ulisse ed era convinto di averlo trovato, o meglio, di averne trovato il basamento».
Che rapporto c'è fra il mito e la «sua» isola?
«I miti nascono dalla terra e dai luoghi delle isole ma poi, come le nuvole trascinate dal vento, vanno a occupare gli spazi più diversi. Ciascuna isola ha il suo mito e tutti insieme formano una enciclopedia di racconti legati a quelle terre».
Una enciclopedia dell'antichità?
«All'inizio, la cultura greca non conosceva la scrittura: il mito conteneva tutto ciò che un popolo voleva ricordare di sé, attraverso la poesia. Gli antichi greci non avevano un libro sacro o delle origini, né una religione in cui la divinità desse delle regole: avevano il mito e, quindi, il mito porta con sé le memorie antichissime di una civiltà antichissima».
Quanto?
«Si pensi che 11mila anni fa la gente sbarcava a Milo per raccogliere ossidiana, e poi la commerciava per fabbricare armi e coltelli... Le prime città sorsero 6mila anni fa. E oggi noi, immemori e felici, facciamo il bagno in quelle stesse acque. Dove sono accadute anche tragedie, come quella di Santorini, che in solo pomeriggio fu annientata come Pompei».
La poesia ha una sua isola d'elezione?
«Lesbo dove arrivò la testa di Orfeo e dove visse Saffo, la più grande poetessa della storia occidentale. Ora ci sono i campi profughi, purtroppo. Ma ancora oggi, girando per la Grecia, si vede che lo spirito della musica e della danza è rimasto».
Perché Milo è l'isola della bellezza?
«Per me è la più bella delle Cicladi, screziata di colori, pietre e venature, con una violenza della natura, del sole e del vento che colpisce i sensi. E infatti ha trasmesso l'idea stessa di bellezza dell'arte greca, la Venere, scoperta nell'Ottocento per caso da un contadino sotto delle pietre e poi, come tanti tesori, portata via».
Che cosa resta?
«Una malinconico cartello, qui fu trovata la Venere di Milo. Ma la grazia e l'armonia che la Venere offriva è rimasta come incollata a questa terra e si percepisce ancora, nell'aria, un senso di splendore e di luminosità, come se ci fosse ancora non la statua, ma la dea stessa, a governare l'isola».
Che altro c'è a Milo?
«Una città di 5mila anni fa. Un cumulo di pietre, ora coperte da fiori e vegetazione spontanea, una cosa molto leopardiana, la natura che copre le cose dell'uomo con la sua bellezza, e l'uomo che va avanti nel suo cammino...»
Queste isole ispirano ancora?
«Questa terra ispira il mito, ispira la fantasia: lo ha sempre fatto e continuerà a farlo, perché troppo violente sono le emozioni che suscita in chi si ferma ad ammirarla. È commovente pensare che i primi uomini della nostra civiltà abbiano visto gli stessi spettacoli che vediamo oggi, e che formano l'aspetto eterno della Grecia, questa natura in cui, da un momento all'altro, sembra che possano apparire un dio, o un eroe».
Così queste terre ci parlano anche oggi?
«Chi ama la cultura greca non può non amare quella terra, c'è un filo che ci unisce a queste isole e i miti sono i nostri compagni di viaggio in questa scoperta».
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