Se poi si infila gli occhialini tondi, allora parla senza freni: «Sì certo, avrei potuto ripubblicare le canzoni di Frankenstein in versione deluxe con qualche fronzolo in più, come fanno in tanti». E invece. Visto che è forse l'artista più libero in circolazione, Enrico Ruggeri si è tolto lo sfizio di fare «qualcosa che in Italia credo non abbia precedenti»: ha reinciso da capo a piedi tutti brani di quello che, secondo lui, è il suo miglior disco, e ci ha pure aggiunto quattro canzoni inedite (una delle quali, Insegnami l'amore, scritta dal sempre più sorprendente Pico Rama che detto per inciso è suo figlio). Mica poco, visto che Frankenstein è uscito neppure un anno fa. Insomma, aveva una struttura quasi prog rock, tipica dei concept album alla Genesis. Ora trasuda elettronica. E sforna un singolo (L'onda) che, udite udite, in poche ore è entrato altissimo nelle playlist dei grandi network radiofonici: «E non mi capitava da tempo», ridacchia beato perché manco lui si aspettava che questo Frankenstein 2.0 venisse fuori così bene.
Per di più, caro Ruggeri, L'onda non è il tipico motivetto pop, anzi.
«È uno sberleffo».
E ricorda molto da vicino il suono dei Decibel con i quali arrivò al successo nel 1978.
«Difatti è uno sberleffo quasi punk, uno sberleffo a un mondo nel quale tutti si preoccupano di dire la cosa giusta e non quella che pensano. Pieno conformismo. Sono interessati più ai like su Facebook che a essere loro stessi».
Tutti chi, scusi?
«Politici, cantanti, giornalisti. Il trionfo del politically correct».
A proposito, Renzi?
«Finora ha dimostrato di essere un grande comunicatore. Ora dimostri di poter realizzare ciò che ha annunciato».
Nel brano In un paese normale lei canta: «Di chi ha venduto le nostre città non dovrebbe restare traccia». Molto punk.
«È un atto d'amore per l'Italia in difficoltà e un atto d'ammirazione per chi, dalla Spagna all'Ucraina, cambia le cose».
Lei lo fa continuamente.
«Il mio limite è che dopo un po' mi stufo. Stavolta, poco dopo aver iniziato a suonare dal vivo i brani di Frankenstein, mi è venuta voglia di elettrorock e non mi sono più fermato».
Avrebbe potuto aspettare un po'.
«Mai stato un grande stratega. Il giorno dopo tutti i due Sanremo che ho vinto ero già sul palco a cantare: è più forte di me, seguo l'istinto».
Spesso ci azzecca. Ad esempio ha voluto Dargen D'Amico in Per costruire un uomo: è uno dei rapper più lucidi in circolazione.
«I suoi versi hanno il passo della poesia. Conferma che i rapper saranno i cantautori di domani».
Chi l'avrebbe mai detto.
«E pensare che io ero prevenuto. Ad esempio quando alla finale di Amici ho visto Moreno, non mi aspettavo niente di che. Ma poi ha rappato su 'O Sole mio raccontando la storia di suo padre e mi sono emozionato. Di certo finora i rapper si sono dimostrati più deboli come tessitura musicale».
Su questo lei di certo non si tira indietro.
«Beh sono nato in una band, il suono per me è fondamentale e si vede anche da quanti concerti tengo ogni anno. Stavolta parto da Trento il 23 marzo, sarò al Nuovo di Milano il 24 per finire a Reggio Emilia il 22. E ho deciso di dividere in due il concerto. La prima parte solo musicale, e canterò anche brani inconsueti come Trans del 1991. E la seconda più dialogata con il pubblico, che mi potrà fare le domande via Twitter».
Ruggeri non si fa mancare nulla.
«Questa è stata la trentunesima volta che sono entrato in uno studio di registrazione e, se mi piace un'idea, la mia risposta preferita è: perché no?».
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