Poco importa che non ci fosse pubblico, anche quest'anno Sanremo ha svolto il suo compito. Essere il principale megafono dell'ideologia progressista e dei suoi cosiddetti «valori». Se le edizioni passate avevano battuto sui migranti, ora è stata la volta della contestazione dei generi: non quelli musicali, ma quelli maschile e femminile. A supporto dell'ideologia gender secondo cui maschi e femmine non si nasce, ma si decide di diventarlo. Da qui un profluvio di maschi vestiti o truccati da donne. Un invito insomma a femminizzare il mondo. Chi conosce la storia dello spettacolo sa che l'en travesti è vecchio come il cucco e nel rock quelle trovate le idearono, con ben altri risultati musicali, David Bowie nei primissimi anni '70 e il nostro Renato Zero qualche anno dopo. Loro si che erano anticonformisti, perché esisteva una norma: oggi che la norma non c'è più, anzi che è cosa buona e giusta «rompere i generi», il gesto più rivoluzionario è andare vestiti come Steve McQueen. Ma attenzione. Per la maggioranza degli italiani, e in particolare per le classi popolari, le distinzioni tra maschio e femmina sono (per fortuna) ancora frontiere ben valide: come scrive Christopher Lasch, i depositari dei «valori della tradizione» sono oggi solo le classi popolari. E per questo i progressisti cercano di far passare i loro messaggi soprattutto negli spettacoli di largo pubblico. Ha quindi ragione il vescovo di Sanremo a protestare contro le «insulsaggini» e le «volgarità» che hanno caratterizzato il Festival. In particolare ci è piaciuto il passaggio in cui monsignor Suetta ha affermato di voler difendere la «fede dei piccoli», di chi non ha voce, sottoposti alla quotidiana propaganda progressista. Che poi: siamo sicuri che la femminizzazione del mondo occidentale sia una cosa positiva? Con questo (brutto) termine non intendiamo che le donne, se meritevoli, debbano ascendere ai vertici: ce ne vorrebbero di più, ad esempio alla guida dei partiti. Con femminizzazione intendiamo che i valori femminili diventano quelli dominanti, introiettati anche dai maschi, facendosi senso comune. E, come mostrano molte ricerche sociologiche, la femminizzazione del mondo in occidente è molto avanzata, ed è preoccupante perché conduce ad una perdita di virilità. Il solito «fascista», dirà qualcuno: peccato che il regime comunista cinese si sia posto lo stesso problema e nelle scuole abbia introdotto corsi per «virilizzare» i maschi cinesi.
Quando una società si femminizza eccessivamente, quando i valori femminili si fanno dominanti, come accadde nel tardo impero romano, la decadenza è dietro l'angolo. Che importa, direte, nella decadenza si vive bene: sarà, purché non ci obblighiate ad ascoltare le mediocri canzoni del Sanremo «rivoluzionario».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.