L'Edgar Allan Poe giapponese inquieta come il suo maestro

Le opere di Edogawa Ranpo coniugano orrore fisico e mentale. E sono omaggi alla letteratura occidentale.

L'Edgar Allan Poe giapponese inquieta come il suo maestro

Taro Hirai alias Edogawa Ranpo - traslitterazione fonica giapponese del maestro del brivido Edgar Allan Poe, di cui era un fervente ammiratore - è considerato il fondatore del giallo nipponico e uno dei più originali rappresentanti dell'Ero Guro Nansensu (dai tre termini giapponesi «erotismo», «grottesco» e «assurdo»), una corrente artistica sviluppatasi tra gli anni '20 e '30 che non riguardava soltanto la letteratura, ma l'arte in generale e le cui opere trattavano i tre grandi temi: l'erotismo, con tutte le sue declinazioni e depravazioni, la violenza grottesca e l'assurdo.

Appassionato lettore della giallistica occidentale, Edogawa Ranpo (1894 - 1965) creò il suo personale Sherlock Holmes (il personaggio del detective Kogoro Akechi) e un personaggio ricorrente, più giovane, di nome Kobayashi, protagonista di racconti molto popolari tra i giovani lettori insieme al suo «Boy Detectives Club», facendo crescere generazioni di giapponesi con la lettura di numerosi racconti in cui Kogoro e la «Boy Detectives Club» dovevano fronteggiare vari criminali.

La sua influenza nel corso dei decenni è indubbia, basti pensare all'omaggio nella serie Detective Conan (dove il protagonista utilizza il cognome Edogawa) o al personaggio animato Edogawa Ranpo fino ad arrivare a tratti essenziali dei suoi attori letterari trasportati in quelli di anime come Death Note. Un vero e proprio punto di riferimento per il genere letterario proposto, che mantiene indubbie caratteristiche personali e che è valso allo scrittore anche un prestigioso premio a lui intitolato, dal 1955.

Il demone dai capelli bianchi, che arriva in Italia grazie all'attenzione di Elliot Edizioni (pagg. 192, euro 16,50, traduzione di Diego Cucinelli), ci porta nel mondo di Ranpo con una storia macabra, di vendetta, sottile e dalle atmosfere soffocanti.

Omuta Toshikiyo è un visconte della città giapponese di S. Misogino, sempre al fianco dell'inseparabile e amato amico Kawamura, si trova a cambiare prospettiva sul sesso opposto quando incontra la splendida Ruriko, della quale si innamora e con la quale si sposa. In un idillio in cui l'amore della moglie si unisce a quello del fedele amico e in cui il legame fra i tre è indissolubile, entra il sospetto di un tradimento, arriva la caduta da una parete rocciosa di Toshikiyo e il suo risvegliarsi sepolto vivo (?) nella cripta di famiglia.

Con questo chiaro omaggio al racconto La sepoltura prematura di Edgar Allan Poe, inizia un lungo percorso narrato in prima persona, con il modus agendi di una specie di dichiarazione di intenti condivisa con il lettore che viene messo al corrente degli inganni subiti, della trasformazione del protagonista in un demone dai capelli bianchi, dalla chiara ispirazione a Edmond Dantès, fino all'epilogo di cui si viene informati solo in parte nell'incipit. Lo stile tagliente, morboso, incalzante nella sua descrittività, nella sua gustosa cattiveria, impedisce di staccare gli occhi dalla pagina, lascia sospesi in un tempo/non tempo in cui tutto sembra essere chiaro, ma al tempo stesso no, con la sensazione di un transfert angosciante e al tempo stesso seducente con le azioni e i piani malvagi del demone.

Quest'opera è un adattamento (hon'an) di un'opera omonima di Kuroiwa Ruiko, che a sua volta è un adattamento di Vendetta! di Marie Corelli e si offre come un perfetto pegno di amore di Ranpo per l'Europa, come un gioco letterario di scatole cinesi e soprattutto come un ottimo

inizio per entrare nel suo stile unico e spiazzante, capace di trovate di grande spessore psicologico e architettura narrativa. Un'ibridazione grottesca, malvagia e che rappresenta gli aspetti più oscuri della natura umana.

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