Da Marinetti a Heidegger: fotografia di famiglia degli intellettuali "neri"

Un nuovo studio dello storico finlandese sulla tentazione fascista di molti Nobel, poeti e filosofi

Da Marinetti a Heidegger: fotografia di famiglia degli intellettuali "neri"

Lo storico Renzo De Felice in un passaggio della celebre Intervista sul fascismo del 1975 dice all'intervistatore, il giovane collega americano Micheal Ledeen: «C'è un bel libro il più bello, secondo me, che sia stato scritto su quel tema estremamente difficile, irto di trabocchetti, che è il discorso sull'ideologia fascista». Il libro in questione lo aveva da poco pubblicato in Francia, nel 1972, un giovane studioso finlandese, Tarmo Kunnas: La tentazione fascista. Era stata la sua tesi di dottorato, centrata sui tre più importanti scrittori francesi «collaborazionisti»: Louis-Ferdinand Céline, Drieu La Rochelle, Robert Brasillach. Per De Felice il giovane Kunnas aveva visto più chiaro di tutti nell'evidenziare le differenze culturali, ideologiche, psicologiche e morali presenti all'interno della grande famiglia degli intellettuali che, per un ventennio abbondante, avevano partecipato, da protagonisti o da spettatori incuriositi, all'avventura fascista. Il libro di Kunnas ancora oggi è una lettura imprescindibile sull'argomento. Ne esiste una traduzione italiana, nel catalogo delle edizioni Settimo sigillo. E l'editore romano ha appena mandato in stampa la summa di Kunnas. Uno studio corposo, dal titolo Il fascino del fascismo. L'adesione degli intellettuali europei (pagg. 574, euro 48).

Lo storico finlandese, oggi settantacinquenne, è venuto a Roma per l'uscita del suo lavoro. Lo abbiamo incontrato in una trattoria romana, davanti ai musei vaticani, tra una padella e l'altra di piatti tipici. Da tutte ha preso qualcosa. La passione per la cucina italiana è stabile, da mezzo secolo, alla stessa maniera della passione per la cultura fascista. L'assunto dei suoi studi verte su un concetto fondamentale: l'esistenza dell'ideologia (e della cultura) fascista.

Anche se in forme diverse e non univoche, questa ideologia si è rivelata la principale chiave del successo ottenuto dal fascismo, in Italia e in Europa, specialmente nella generazione degli intellettuali venuti alla ribalta alla fine degli anni Venti e nel corso degli anni Trenta del '900. Kunnas parte, per ovvie ragioni, dal fascismo italiano: Marinetti, D'Annunzio, Gentile, Evola, Malaparte, Soffici. Poi passa ai nazionalisti tedeschi della galassia gravitante attorno alla «rivoluzione conservatrice», oltre all'esteta armato Ernst Jünger, al poeta Gottfried Benn, al giurista cattolico Carl Schmitt, al combattente e scrittore Ernst von Salomon, al filosofo Martin Heidegger. Non manca ovviamente il corposo gruppo dei francesi, dal vecchio Charles Maurras al giovane Paul Morand, tentati dal fascismo, prima e durante l'occupazione nazionalsocialista. I rumeni Mircea Eliade e Emile Cioran. Il poeta americano Ezra Pound. Restò affascinato dal fascismo anche il poeta irlandese William B. Yeats, vincitore del Nobel per la letteratura. E fascista convinto era un altro premio Nobel, Luigi Pirandello. Come lo era il norvegese Knut Hamsun (al quale Kunnas ha dedicato uno studio, tradotto in italiano sempre da Settimo sigillo), anche lui vincitore del Nobel.

A De Felice le idee di Kunnas erano apparse di grande interesse perché negavano un assunto all'epoca assai diffuso (e ancor oggi duro a scomparire): l'irrazionalismo del fascismo. È difficile rendere conto della complessità delle riflessioni di Kunnas. Nel suo studio disegna, senza alcuna prevenzione, l'albero genealogico della famiglia fascista, con rami che vanno da un capo all'altro. Pone una domanda: ad esempio l'ostilità alla tirannia del denaro. E fa rispondere in sequenza Mussolini, Papini, Ungaretti, Schmitt, Benn, Heidegger, Céline. Le domande sono numerosissime, spazianti dalla questione della razza alla democrazia al comunismo. Kunnas è la perfetta incarnazione dell'umanista europeo. Crede nell'Europa delle lettere, ricca di diversità, accumunata dalla cultura, dalla conoscenza e non devastata negli studi dal «politicamente corretto». Il suo saggio si chiude con un piccolo capolavoro di conoscenza ed equilibrio dell'interpretazione. L'oggetto della riflessione è Nietzsche. Il filosofo, come è noto, morì nel 1900. Uomo dell'800 ebbe fortuna, straordinaria fortuna, nel '900. La stragrande maggioranza degli intellettuali fascisti, ci dice Kunnas, furono attratti, spesso in maniera irresistibile, da Nietzsche. La sua ostilità, talvolta sprezzante, verso il cristianesimo influenzò questi intellettuali, che non di rado la utilizzarono come modello. Dunque Nietzsche era un pensatore fascista? Per nulla. Lo esclude categoricamente. Nietzsche non è stato il profeta né del fascismo né del nazionalsocialismo. È stato però un profeta per svariati intellettuali che hanno commesso l'errore di ritenere nietzschiani i movimenti fascisti.

Sul tavolo arriva l'ennesima padella. L'ultima grazie a Dio. Progetti futuri? Vorrebbe scrivere di Heidegger, in maniera più approfondita di quanto ha fatto fino a oggi.

I Quaderni neri chiariscono un punto. Non era un vero nazista. Lo è stato, in maniera convinta, per poco tempo, nel 1933. Però il volto di Heidegger è ben presente nelle fotografie di famiglia del fascismo. Una famiglia allargata. Zeppa di diversità.

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