Un McQueen "leggero" porta il suo musical sulla spiaggia di Cannes

Il regista torna al festival con "Lovers Rock", che avrebbe dovuto presentare l'anno scorso.

Un McQueen "leggero" porta il suo musical sulla spiaggia di Cannes

Cannes. Quello che era e non è stato. Musica e Croisette ai tempi del Covid, quelli veri. Quelli della primavera 2020, in cui il virus aveva tagliato il festival di Cannes. Nella selezione, Lovers rock era quello che quest'anno è stato Annette, non nel senso che avrebbe dovuto aprire la rassegna - compito assegnato al bellissimo The French Dispatch, in gara - ma perché rappresentava il musical. E, con la firma di Steve McQueen - al quale dobbiamo Hunger, 12 anni schiavo e Widows- Eredità criminale - era la declinazione black del festival. Con dodici mesi di ritardo, il regista arriva finalmente a presentare il film nella sezione balneare. In spiaggia.

Sullo sfondo di echi della swinging London, due giovani si incontrano a una serata reggae. Tutto in una notte. Musica. Libertà. Amore. Una storia che va giù come un soffio e dura un baleno. Settanta minuti che, nell'epoca della bulimia cinematografica, sembrano un attimo. Un idillio nero che però non solletica il tema del razzismo, al quale il regista si mostra interessato ma lontanissimo da indire comizi. «Il Black lives matter esiste. Ma è sempre esistito, non è una novità di quest'ultimo anno». Fine. Nessuno spazio alle polemiche.

Steve McQueen non gigioneggia mai. Poche parole. Misurate e precise. Come quando più di un giovane gli chiede consigli sul proprio futuro di attore o regista. La risposta è lapidaria. «Fate buoni film». Inutile dilungarsi sull'ovvio, insomma, perché si rischierebbe di affogare. Il cuore di tutto sta sempre nel senso in cui si fanno le cose. Il cinema, ad esempio. «Esiste un modo di fare film e uno di dedicarsi all'arte. Pur facendo film. È una questione di scelte». Inevitabile ritrovarvi una sorta di filosofia di lavoro che porta a scegliere tra denaro e onori. Titoli commerciali o d'autore. Industria o cultura.

E qui il discorso andrebbe lontano. Lui si ferma ma il dado non è ancora tratto. Il binomio non può che portare al bivio cruciale di questi mesi e anni. «Non mi piace lo streaming. Il cinema è grande schermo. E lo è per ogni regista vero. Le altre strade sono percorse dalle produzioni perché, come sempre, il denaro ha le sue regole». La qualità viene prima di tutto per questo autore dalla filmografia centellinata ma molto ben impressa a pubblico e critica, trasversale e internazionale. Questo baronetto della regina, mezzo inglese e mezzo americano, con parenti a New York e altri in Florida, antenati originari della Louisiana e il titolo di Sir ma un nome che inevitabilmente getta nel passato e nel mito di un omonimo bianco morto troppo presto, il passato e il presente è capace di bilanciarli con disinvoltura.

«Hunger è la storia di un uomo che parla anche con i suoi silenzi. È una vicenda di ieri che vive anche oggi. Un racconto circolare che inizia e finisce tornando allo stesso punto. Un dramma che non ha mai smesso di compiersi e ripetersi». Forse l'unica sua opera in cui il colore della pelle poco conta. A Steve McQueen interessa il messaggio. Il senso. «L'importante è avere qualcosa da dire». E, ritornello che è riecheggiato in differenti contesti, sulla bocca di vari personaggi senza che evidentemente si fossero messi d'accordo, è il valore dell'energia. «Aver voglia di fare e farlo al massimo delle proprie capacità. Senza troppo dolersi di cosa avrebbe potuto essere e non è stato. O non è stato del tutto».

Lovers rock, presentato ieri sulla sabbia di Cannes mentre il sole lasciava il posto alla notte, è la dimostrazione di un eclettismo artistico che ha toccato la politica con Bobby Sands, il razzismo con 12 anni schiavo, il thriller noir in tutti i sensi di Widows - Eredità criminale. Ora arriva questo film musicale che allarga gli orizzonti di un periodo difficile, fatto di speranze senza conoscerne la reale base. Il virus viaggia all'orizzonte ma la vita continua. Deve continuare.

«Con intelligenza e buon senso, però». Applauso formale del pubblico al principe del bilanciamento cinematografico tra forma e sostanza. «Un equilibrio difficile? Si può fare. Basta avere una storia da raccontare. E una direzione da seguire».

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