da Los Angeles
«Godzilla ha due anni più di me e gli devo il rispetto che si merita: lui ha 60 anni, io 58. Tra due anni diventerò anche io un mostro a tutti gli effetti». Così scherza l'attore Bryan Cranston (il «mostruoso» Walter White di Breaking Bad), protagonista umano del nuovo Godzilla, riferendosi al fatto che questo film intende anche essere una celebrazione del 60esimo anniversario del primissimo Gojira! giapponese dei Toho Studios (1954). Cranston interpreta un fisico nucleare che studia e indaga eventi sospetti in una centrale atomica in Giappone. Come Cranston si sia trovato in mezzo a questo kolossal da 150 milioni di dollari e immani effetti speciali nemmeno lui se lo ricorda bene. Nel nostro breve incontro per il lancio del film a Los Angeles l'oramai leggenda vivente Cranston (svariati premi Emmy per la serie cult Breaking Bad, cui era giunto dopo anni di commedia in Malcolm in the Middle) così racconta: «Rammento di aver detto di no la prima volta che mi hanno offerto questo ruolo. Non mi sembrava il caso di fare il burattino in un monster movie. Poi ci ho ripensato e mi sono detto: ma sei scemo! È l'occasione perfetta per fare qualcosa diametralmente opposta a Breaking Bad, che stavamo per concludere. Ovvero, era fondamentale fare qualcosa impossibile da paragonare o confrontare con Breaking Bad. Se no quando me lo toglievo di dosso Walter White? Ho richiamato il produttore e gli ho detto: puoi contare su di me, basta che ci sbrighiamo!». In realtà l'incomparabile White non se l'è tolto esattamente di dosso, almeno sul set del film diretto da Gareth Edwards. Dice l'attore Aaron Taylor-Johnson, il marcantonio che recita suo figlio in Godzilla, un artificiere esperto in disinneschi: «La sola presenza di Cranston sul set ha costretto noi tutti ad alzare il livello di gioco. Lo sai subito quando Bryan è sul set, l'atmosfera cambia in maniera quasi paranormale. La sua mera presenza ti fa sballare, ti fa sentire... un po' fatto!». Cosa di cui Walter White, ma non Cranston, andrebbe molto fiero.
Mister Cranston, non temeva d'altra parte che Godzilla, pur così differente, non fosse all'altezza diciamo intellettuale di Breaking Bad?
«Certo, la qualità narrativa di Breaking Bad è superba, ma riguardando bene il copione di questo Godzilla ho capito che scavava abbastanza a fondo nei personaggi e il loro arco esistenziale. Non è scemo del tutto come filmone d'azione, anzi».
A lei piace il filone «mostri»? Ha dei Godzilla preferiti?
«Mostri e horror mi fanno venire i brividi, no, non è il mio genere. Ma ricordo con tenerezza quelle cose tipo King Kong vs. Godzilla o Il figlio di Godzilla, quando ero ragazzino, così platealmente finte, apocalissi tutte per ridere. Questo Godzilla però è molto realistico. Le lotte tra i mostri nei film sono effettuate con l'aiuto della tecnica del motion capture, un abile aggiornamento della tradizione da B-movie in cui il pubblico dimentica che sta facendo il tifo per un tizio con un costume di gomma che calpesta città di cartone in miniatura».
Questo Godzilla ricorda più Jurassic Park, più Michael Crichton e Steven Spielberg che Toho.
«Scusi?».
La scienza dietro lo spettacolo, il monito che l'uomo non può controllare la natura, semmai il contrario.
«l regista, il giovane Edwards, si è ispirato di sicuro al libro di testo di Spielberg, laddove l'essenza della storia non è tanto la minaccia nucleare quanto la minaccia intimista della rottura della famiglia nucleare, con la prospettiva finale di un salutare abbraccio di gruppo. Come tutti i film di Spielberg, a mio avviso questo Godzilla è soprattutto una storia tra un padre e un figlio.
Le manca Breaking Bad?
«Non più. Mi manca la famiglia di attori con cui ho convissuto per cinque anni ad Albuquerque. Non mi mancano i ritmi sfiancanti della televisione, mi manca però la qualità di quella serie e la sua totale disinibizione, originalità e capacità di rischiare.
Bryan Cranston
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.