31 agosto 1997, 23 minuti dopo la mezzanotte. Nel tunnel che passa sotto il Ponte de l'Alma a Parigi c’è stato un grosso incidente stradale. Sull’asfalto ci sono due cadaveri. Tra le lamiere di una Mercedes S280 nera ci sono altre due persone: sono vive ma gravemente ferite. "Oh mio Dio, cosa è successo?" esclama una delle vittime, seduta ancora sul sedile posteriore dell’auto. Subito dopo ha un arresto cardiaco e viene trasportata con urgenza in ospedale. Quella donna è Lady Diana e questo il racconto di come ha perso la vita quasi 24 anni fa. Una morte convenzionale che poteva capitare a chiunque, per una persona che non è mai stata banale.
"Mi ricordo tutto di quel giorno. Avevo 10 anni – ha raccontato a ilGiornale.it Lavinia Orefici, esperta della royal family e autrice dell’e-book 'Diana. La principessa del popolo', edito da Piemme -. In quel periodo ero in montagna in vacanza. Sul mio comodino c’era una pila di riviste con in copertina Diana. Quella del 1997 è stata la sua prima estate da divorziata. Ricordo che al risveglio quando mia madre mi disse che durante la notte era morta Lady D, rimasi sconvolta. Era lì sul comodino, non era possibile". Quella bambina di 10 anni non è la sola ad aver accettato a fatica la notizia. Diana era la principessa del popolo, amata dai sudditi, dalla stampa e soprattutto dai suoi figli, William e Harry, che continuano a preservarne la memoria. Il primo luglio scorso hanno messo da parte i loro dissapori e hanno inaugurato la statua costruita per festeggiare quello che sarebbe stato il suo sessantesimo compleanno.
Fin da subito, l’opinione pubblica ha sentito la necessità di trovare una giustificazione all’accaduto per superare il dolore. "Nel paesino dove villeggiavo in Svizzera non si parlava d’altro – ha aggiunto la Orefici -. Diana è morta alle 04:00, un’ora dopo è stata data la notizia ai media e dopo circa un paio d’ore è uscita su internet la prima teoria del complotto e sono partiti gli attacchi contro la monarchia. A casa mia erano tutti scandalizzati da questo assalto della stampa. Sono cresciuta con l’idea che l’Istituzione non si tocca".
Perché tutti hanno puntato il dito contro la monarchia inglese?
"Ogni grande evento è accompagnato da qualche teoria del complotto. La morte di Diana, scomparsa all’età di 36 anni, si prestava bene a questo genere di racconto. Lady D. era stata molto amata in vita, ma anche criticata. Dopo la sua morte, invece, l’hanno quasi santificata. La teoria del complotto che piace di più è che la royal family fosse in combutta con i servizi segreti per far fuori la principessa del Galles. Il primo a puntare il dito e a sostenere questa teoria è stato Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi, fidanzato della principessa, appoggiato dai media. Alcuni documentari inglesi fanno notare come la stampa si sia rivoltata contro la famiglia reale quando si è resa conto che stava finendo sul banco degli imputati (al momento dello schianto, Lady D e l'imprenditore Dodi Al-Fayed stavano depistando dei paparazzi che li seguivano da tutto il giorno, ndr). Tra il 31 agosto e il 6 settembre, la royal family è finita nel mirino".
Secondo questa teoria, quale sarebbe stato il movente?
"Diana era molto impegnata per la campagna contro le mine anti-uomo. Si diceva che il governo conservatore prima e quello laburista poi non gradissero il suo interessamento all’argomento. I reali non dovrebbero immischiarsi negli affari politici. Un’altra versione sosteneva che quello tra Lady D e il rampollo di casa Al-Fayed fosse vero amore e che addirittura la principessa del Galles fosse rimasta incinta. Questo avrebbe portato alla nascita di un fratellastro del futuro erede al trono, William. Quindi la monarchia inglese, non sopportando che Dodi Al-Fayed fosse egiziano, sarebbe stata spinta a sbarazzarsi di loro. In realtà Diana e Dodi si conoscevano da pochissimo: a fine luglio ‘97 la principessa era stata invitata in Costa Azzurra da Mohamed Al-Fayed e in quella occasione aveva conosciuto Dodi. Al-Fayed senior era un uomo che non piaceva all’establishment inglese: i suoi soldi erano visti con sospetto. Per lui, avere come ospite la madre del futuro erede al trono di Gran Bretagna era una rivincita importante. Presentarle poi il figlio Dodi è stato un colpaccio. Ma non c’è stato il tempo per approfondire questo amore, quindi le accuse di Mohamed Al-Fayed sono del tutto infondate. Diana non era un personaggio scomodo per la monarchia, la sua morte lo è stata decisamente di più. Dopo sono stati aperti dei processi su questa storia che hanno chiarito la situazione: nessun complotto è stato messo in piedi per eliminare la principessa del Galles".
Come sono stati i giorni successivi alla morte di Diana per la Corona inglese?
"Ne ho parlato nei primi due capitoli dell’e-book 'Diana, la principessa del Popolo'. Sono stati probabilmente i più drammatici per il regno della Regina Elisabetta. Era sul trono da 45 anni e per la prima volta non si trovava in linea con i suoi sudditi. Per la famiglia reale, la morte di Diana era un dolore che doveva rimanere privato. La Regina aveva come unico pensiero quello di proteggere i suoi nipotini, William e Harry. Elisabetta II era contraria anche al fatto che Carlo volasse fino a Parigi per riprendere la salma della sua ex moglie. Non per mancanza di rispetto nei confronti di Diana, ma perché credeva che i suoi figli avessero bisogno di lui. Se per la Corona il benessere dei ragazzi era la priorità, per l’opinione pubblica non era così. A parte questo ci sono stati molti problemi nell’organizzazione del funerale in sé, un po’ perché la regina Elisabetta era a Balmoral in vacanza quando è giunta la notizia, un po’ perché Diana non era più un’altezza reale e non esisteva un 'piano' per le sue esequie. Fu messa in moto l’organizzazione di un funerale pubblico, nonostante non fosse previsto dal protocollo, e si prese spunto da quello della Regina Madre, l’operazione Tay Bridge. In più l’opinione pubblica chiese che una bandiera a mezz’asta sventolasse su Buckingham Palace. Questa era una fantasia: perché prima d’allora, lì era esposto solo lo stendardo della casa reale, che sventola ancora oggi quando la regina Elisabetta è in casa. A quel punto intervenne Tony Blair, molto popolare all’epoca, per mediare tra la monarchia e i sudditi: alla fine si decise di esporre la Union Jack a mezz’asta. Da quell'episodio la bandiera del Regno Unito sventola su Buckingham Palace".
È molto interessante il ruolo della stampa in questa vicenda. Diana è sempre stata molto amata dai giornalisti e anche lei ha sfruttato questo mezzo. Ma dopo anni, deve essersi resa conto di aver giocato con il fuoco. Il suo rapporto con la stampa è cambiato. Lei temeva di essere spiata, ne era ossessionata… La stampa è la vera colpevole di questa tragedia?
"Diana aveva una personalità complessa, che aveva necessità di essere amata. Non trovando un marito che l’amasse, si è concentrata sull’immagine che dava di sé al pubblico. Voleva riscuotere successo a tutti i costi. Il principe Filippo l’aveva sempre supportata, insieme alla moglie e alla principessa Margaret. Notando questo atteggiamento, però, l’ammonì, ricordandole che non era una gara di popolarità. Diana non ha mai seguito i consigli del duca di Edimburgo e ha costruito un gioco con la stampa che poi le è stato fatale. I media non le davano tregua, ma lei aveva fatto di tutto per essere al centro dell’attenzione. Certo, c’è anche un lato della stampa marcio, che ha delle responsabilità, come Martin Bashir, il giornalista della Bbc che ha presentato dei documenti falsi per ottenere la famosa intervista che ha portato al divorzio. Questo giornalista ha giocato sulle paure e fobie di una donna paranoica. Detto questo, non si può addossare tutta la colpa alla stampa. Anche l’organizzazione del Ritz ha delle grosse responsabilità: non ha fornito un servizio di protezione adeguato, cominciando dalla macchina su cui viaggiava Diana, che sarebbe dovuta essere rottamata anni prima. È vero, c’erano delle colpe all’origine: da quando la principessa non era più un’altezza reale, le era stato tolto il servizio di sicurezza di Scotland Yard. Se avesse avuto la scorta, tutto ciò non sarebbe successo. Alla fine si è trattato di una serie di sventure".
Esiste un biglietto scritto da Diana e indirizzato al suo maggiordomo Paul Burrell, in cui lei dichiarava di sentirsi in pericolo, perché credeva che Carlo stesse progettando il suo omicidio, simulando proprio un incidente in auto. Perché scrisse quel biglietto?
"Aveva ricevuto delle informazioni da qualcuno che era in cattiva fede e che ha trovato terreno fertile in una donna che vedeva complotti in ogni dove. Questo biglietto è poi stato analizzato durante un’inchiesta che ha dimostrato che si trattasse solo di suoi timori e che non esistesse nessuna cospirazione".
Ci sono tante teorie del complotto? Qual è secondo lei quella più assurda?
"C’è
una teoria secondo cui Diana sia ancora viva e stia altrove, magari su un’isola deserta. Non riesco a capirne il motivo e mi fa sorridere. Poi ognuno è libero di crederci: il mondo è bello perché è vario".
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