"La vita secondo Naty" come rinascita

Abbiamo incontrato l'influencer Natalia Paragoni e ci ha spiegato il segreto del suo primo libro

"La vita secondo Naty" come rinascita

Di influencer che si mettono a nudo ce ne sono molte però, Natalia Paragoni ha fatto di più e, nel suo primo libro "La Vita Secondo Naty" (Mondadori), ha messo per la prima volta a nudo la sua intera vita. Nelle pagine di quello che somiglia al diario segreto di una ragazza della porta accanto, fatto di racconti, consigli e riflessioni, Natalia non si è risparmiata. Dal rapporto con i genitori, ai suoi amori sbagliati, al bullismo, alla violenza psicologica e anche alla perdita di un bambino in giovane età. È riuscita a parlare agli altri raccontando se stessa. Il risultato è che a pochi giorno dall’uscita, "La Vita Secondo Naty" è primo nelle classifiche di vendita. “Spesso i miei follower mi hanno chiesto di raccontare qualcosa di personale ed io in questo libro è come se avessi parlato con mia madre, raccontandogli qualsiasi cosa di me. Praticamente mi sono messa a nudo”, ci dice. Ma non è soltanto questo che ci ha svelato nella lunga chiacchierata, c’è molto altro in questa ragazza a cui la vita ha regalato molto, ma allo stesso modo l’ha messa spesso di fronte a dure prove.

Quasi un milione di follower su Instagram, dicono di lei che è molto brava a parlare con le immagini, come mai ha deciso di farlo anche con la scrittura?

“Perché secondo me solo su Intagram non si riusciva a capire bene chi fossi. Spesso mi hanno giudicata senza sapere molto di me, basandosi solo sulle stories che trovavano sui social, che erano prevalentemente inerenti al mio lavoro. Ho sempre protetto la mia vita privata ma allo stesso modo ho voluto scrivere questo libro per farmi conoscere dalle persone, per dire che spesso Natalia non è solo come appare”.

Di cosa l’hanno accusata?

“Alcune critiche dicono che sembro un po’ spocchiosa, forse fredda, ma questa non è la verità anzi. Nel libro racconto cosa c’è dietro questa immagine e sono stata felice di potermi far conoscere profondamente scrivendo questo libro. Ero stanca di nascondermi e giustificarmi, alla fine ho detto: 'Io sono così se alla gente piaccio bene, altrimenti me ne farò una ragione'".

Sul suo Instagram lei parla di moda e soprattutto di make up. Quest’ultimo è stato molto importante nella sua vita e lei lo ha usato come una sorta di protezione dal mondo...

“Nella prima parte del libro dove racconto di aver subito una forma di bullismo, dico che mi truccavo con un eyeliner molto spesso sugli occhi come una forma di protezione, quasi una maschera. In quel momento della mia vita era il make up che parlava di me, prima dell’abbigliamento o dell’aspetto fisico”.

Crescendo e diventando una persona più adulta, continua comunque a variare il make up a secondo del suo umore?

“Sì, fa parte di me. Per esempio da due anni a questa parte ho sentito il desiderio che fosse molto “glow”, luminoso, come a voler sottolineare il mio desiderio di mettermi in luce. L’eyeliner è sempre rimasto sui miei occhi anche se si è molto assottigliato e questo significa che mi sento più sicura di me. Prima usavo quello spesso, che era un modo per mostrarmi più grintosa, a volte aggressiva, dato che non lo ero e non lo sono tutt’ora. Anche se con il tempo un po’ di carattere l’ho sviluppato”.

Riprendendo l’argomento del bullismo di cui ha raccontato, spesso si è portati a pensare che colpisca le ragazze più timide, invece lei hai posto l'accento su un altro fattore, ovvero che spesso alle donne non si perdona la bellezza. Perché secondo lei?

“Mia madre mi ha sempre detto che soprattutto tra donne difficilmente ci si aiuta e che io rappresentavo il classico esempio. Essendo una ragazzina carina non ero amata dalle altre che spesso provavano nei miei confronti sentimenti ingiustificati d’invidia, soprattutto in un paesino piccolo come quello dove abitavo. Fortunatamente noto che andando avanti le cose tra donne stanno cambiando, anche se la strada è lunga”.

È stata isolata e la additavano con aggettivi non certo bellissimi...

“In quella parte di adolescenza ho avuto molti più amici maschi con cui mi rapportavo, perché loro non badavano al fatto che fossi bella o meno e questo mio atteggiamento ha portato alcune ragazze a dire che ero una poco di buono. Cosa non vera, visto che nei ragazzi cercavo una spalla, un amico che non trovavo nelle mie coetanee. Devo però dire che a distanza di anni ho incontrato nuovamente quelle ragazze, magari facendo qualche reunion con la scuola, e qualche rivincita l'ho presa”.

Cosa le è rimasto dentro di quelle ferite? È riuscita a superarle?

“Non riesci mai a superarle definitivamente. Per fortuna ho avuto vicini i miei genitori che mi hanno sempre supportato e sono stati la mia ancora di salvezza. Ancora oggi ho difficoltà ad approcciarmi con le persone, sono molto diffidente”.

Indubbiamente questa è una forma di difesa...

“Sicuramente. Però questa diffidenza che ho sviluppato non è solo nei confronti delle ragazze, ma in generale. Ho sempre la sensazione che posso essere ferita o ingannata. Quindi preferisco dire, pochi amici ma buoni”.

La vita secondo Naty di Natalia Paragoni

Raccontava anche che questa sua forma di diffidenza l’ha anche provata negli amori che ha vissuto...

“Il primo vero amore, di cui ho raccontato nel libro, è durato cinque anni ed è stato molto importante. Oltre ad essere il mio migliore amico, con lui ho vissuto anche la mia prima volta. Per questo nonostante avessi capito che non faceva per me, ci ho messo tanto tempo per lasciarlo. Non riuscivo a comprendere dove il suo atteggiamento aggressivo e quella forma di violenza psicologica e a volte anche fisica, mi aveva portato. Pensavo che se avessi lasciato, non avrei mai più avuto nessuno, perché era l’unica persona che mi capiva e ascoltava”.

L’argomento di cui ha appena parlato della violenza fisica e psicologica sulle donne è molto importante. Lei lo ha raccontato come monito per tutte le ragazze attraverso la sua personale storia...

“Come ho detto lui è stato il mio primo amore e ci ho messo molto a comprendere che non era giusto quell’atteggiamento. Avevo l’esempio dei miei genitori e vedevo che il loro rapporto era diverso da quello che vivevo io. Crescendo e conquistando soprattutto la mia indipendenza lavorativa, ho capito che chi doveva stare al mio fianco doveva portarmi rispetto e lui non lo faceva. In questo mi hanno molto aiutato anche le mie colleghe dell’epoca. In fondo io non facevo nulla se non il desiderare la vita normale che fanno tutte le ragazze”.

In base a tutto quello che ha raccontato, quanto ha dovuto lavorare il suo fidanzato Andrea Zelletta per conquistare la sua fiducia?

“Tanto devo dire. Durante il programma dove ci siamo incontrati, non è stato proprio bravissimo, ma si trattava appunto di una trasmissione e io all’epoca ho chiuso un occhio. Mi ero detta che nonostante sentivo che il nostro sentimento cresceva, che dovevo pensare a me e che se anche tra noi non fosse successo niente sarei andata via felice per la mia strada. Quando poi siamo usciti insieme, un po’ ha dovuto sudare per ottenere la mia fiducia. Ma ora ce l’ha”.

Cosa le hanno detto i suoi genitori quando hanno letto il libro?

“Mi hanno chiesto se erano stati così cattivi come li ho descritti nella prima parte del libro. Io gli ho spiegato che all’epoca li avevo vissuti così, ma che poi avevo compreso. Mia madre aveva 23 anni e mio padre 28 quando sono nata e alla fine, pur controllandomi molto, mi hanno fatto crescere libera”.

Un altro punto importante che ha raccontato è la perdita di un bambino, cosa le ha lasciato questa esperienza così traumatica?

“Un anno prima che rimanessi incinta sentivo un grosso desiderio di maternità. Mi ricordo che quando vedevo i bambini mi veniva quasi da piangere. Quando è successo ero certa di avere vicino a me l’uomo perfetto, anche se lo era solo per me, e il fatto che lavorassi già e avevo quindi un’indipendenza, mi aveva confortato sulla scelta di diventare madre. I miei genitori però non l’avevano presa bene perché pensavano fossi troppo giovane. Sapevano visto che loro avevano fatto la stessa cosa, che un bambino ti cambia la vita e non volevano. Inoltre mio padre non era neanche d’accordo per il compagno che avevo all’epoca”.

In quel momento non è dipeso dalla sua volontà perché lo ha perso naturalmente, ora vorrebbe diventare mamma?

“Ho sempre sentito il desiderio di formare una famiglia e con Andrea viviamo già insieme, ma al momento metto prima il desiderio di pensare al futuro dei miei figli con il mio lavoro. Prima di averli voglio portare avanti le mie cose, per poi portare un beneficio anche a loro”.

Questo può essere vista anche come una forma di maturità...

“Ho già provato anche se per pochi mesi, la sensazione di maternità e mi è rimasto questo desiderio di voler dare di più ai miei figli. Dopo che ho perso il bambino, ho capito che non ero ancora pronta per dargli quella serenità”.

Si è mai chiesta che tipo di mamma sarà? E che papà vede in Andrea?

“Credo che sarò come mio papà che ho chiamato per tutto il libro 'Ivan il terribile', mentre invece Andrea penso sarà come mia mamma. Quindi ci compenseremo”.

Alla fine del libro al suo fidanzato ha dedicato tre aggettivi bellissimi: felicità, sincerità e fiducia. Cosa le ha detto lui?

“Nulla in particolare ma è stato molto felice. Andrea è la persona più limpida e sincera del mondo. Ha un carattere forte e deciso ma è un ragazzo molto buono e in questo momento non se ne trovano molti come lui”.

Quante volte nonostante la sua giovane età è rinata?

“Tante. Anche questo libro lo considero una rinascita”.

Natalia Paragoni

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