Se ne è andato come preferiva, ossia all'alba senza disturbare nessuno. Ennio Morricone era caduto qualche giorno fa, rompendosi lo stesso femore che si era rotto cinque anni fa, ed era stato ricoverato al Campus Biomedico di Roma dove poi ha salutato la vita conservando «sino all'ultimo piena lucidità e grande dignità» come ha fatto sapere la famiglia attraverso il legale Giorgio Assumma, che è stato il prio a dare la notiziqa poi subito rilancita dfa Clement Mimun del Tg5. I funerali saranno in forma privata perché sarebbe stato impossibile altrimenti, visto che Morricone non aveva mai inseguito la popolarità e fuggiva ogni forma di visibilità che non fosse legata alla propria musica. Un uomo d'altri tempi. Con qualche vezzo. Oggi, ad esempio, su tanti quotidiani è uscito addirittura il necrologio scritto di proprio pugno (che potrete leggere qui di fianco). Le parole più commoventi sono senz'altro per sua moglie Maria Travia, che aveva sposato nel 1956 ed è stata realmente la sua compagna di vita fino all'ultimo, facendo come quasi tutte le grandi donne di fianco a grandi, ossia era rimasta sempre un passo indietro: «Per ultima Maria (ma non ultima). A lei rinnovo l'amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio». Secco, asciutto, niente retorica. Ennio Morricone era così nella vita di tutti i giorni. Si svegliava prestissimo, componeva sempre, non usciva molto. Negli ultimi anni aveva lentamente affrontato il tema della morte e lo aveva fatto con il monsignor Marco Frisina, che è un direttore di coro e un compositore di livello che oggi racconta: «Mi confidava il suo pensiero, sempre tra l'ironico e il serio, ma non ne aveva paura. Era pronto. Ora capisco anche il senso del suo testamento». Tra l'altro Morricone aveva una forte spiritualità che si è riversata anche nei suoi spartiti, «uno dei quali - spiega monsignor Frisina - è una composizione sacra, di quelle che mostrano la sua anima mistica, la forza terrena mista ad un afflato alto». E che Morricone avesse uno spiccato e romanissimo senso dell'umorisimo («Sono più romanista che musicista», disse) si capisce anche dal racconto di un amico, il professor Vincenzo Denaro, primario del reparto di Ortopedia del Campus Biomedico, che gli aveva parlato fino all'altra mattina. «Discutevamo dell'aldilà e Ennio scherzava sul fatto che in Paradiso non sapeva se allearsi con Mozart o con Beethoven. Ha avuto sempre una grande volontà, ma una volta che ha visto che non ce la faceva più aveva proprio voglia di andarsene all'altra vita». Un atteggiamento perfettamente in linea con l'Ennio Morricone che hanno conosciuto i musicisti e gli attori o registi con i quali ha avuto a che fare. Un uomo di poche parole, e molto determinato. Non a caso dopo l'annuncio della sua morte si è scatenato un cordoglio mondiale unanime, dai capi di stato fino all'uomo qualunque che sui social si è lasciato andare a una gigantesca quantità di commenti sinceri, commossi, trascinanti. A colpire di Morricone è stata la sua capacità di entrare nell'immaginario collettivo riuscendo anche a sfruttare i suoni più imprevedibili, quelli che derivano dalla natura o dalla vita di tutti i giorni. Non a caso, le sue musiche sono diventate non soltanto colonne sonore di film ma anche di vita e di generazioni. Un talento enorme che gli ha fruttato ufficialmente 70 milioni di dischi venduti ma sono concretamente qualche centinaio di milioni in più, visto tutti b rani che ha arrangiato o che ha ispirato in una carriera lunga oltre sessant'anni.
E adesso? Ennio Morricone entra di diritto nel Pantheon dei grandi compositori della storia. Magari non dovrà scegliere in Paradiso se stare dalla parte di Mozart o da quella di Beethoven. Ma ha lasciato una traccia che non si cancellerà mai più.
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