"Nuevo orden" scatena la rabbia del popolo

Il film messicano racconta il rischio di una società malata e in furiosa rivolta

"Nuevo orden" scatena la rabbia del popolo
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Venezia. Esterno giorno. Una lussuosa residenza di un alto papavero dell'establishment messicano. Interno giorno. Decine di invitati aspettano la celebrazione del matrimonio della figlia con un altro ricco rampollo. Ognuno di loro porta in regalo una busta con dei soldi e il dubbio, anche della figlia, è che se si tratti di mazzette. Fuori l'eco di rivolte sociali. Niente che le decine di bodyguard delle personalità presenti non possano controllare. Fino a quando però i manifestanti, come veri e propri zombie, irrompono nella villa. Ecco i reietti della società al pranzo di gala per fare la rivoluzione. È un massacro. Inizia così Nuevo orden di Michel Franco, il più dirompente film, visto finora, in concorso alla 77a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica. Il regista, all'attivo 5 film in 10 anni, non risparmia nulla allo spettatore mostrando esecuzioni, corpi ammassati, fino alle torture e alle uccisioni che l'esercito inizia a mettere in atto nel conseguente colpo di Stato che utilizza la scusa delle rivolte popolari per riprendere il potere: «Questo film rivela il regista è stato pensato 5 anni fa ma quando lo stavo scrivendo non potevo certo immaginare che sarebbe stato così vicino a ciò che in realtà sta accadendo nel mondo, penso ai Gilet Gialli in Francia, ai movimenti di Hong Kong fino, per motivi diversi, al Black Lives Matter, la gente è scontenta e ho paura che i governi colgano questa opportunità per controllare in modo forte la popolazione. Il film è dunque un monito: Non arriviamo a quel punto. Perché se la diseguaglianza non viene risolta civilmente e se le voci del dissenso vengono messe a tacere, ne deriva il caos».

Film apparentemente semplice e chiaro, ma radicale, nel linguaggio cinematografico adottato, con la scelta di mostrare tutto, Nuevo orden è però un'opera stratificata che si presta a più letture, non ultima ovviamente quella politica. Il quarantunenne regista messicano inserisce una sottotrama che vede la giovane protagonista che si doveva sposare, interpretata da Naian González Norvind, lasciare te la festa per andare ad aiutare un ex domestico la cui moglie deve essere operata d'urgenza. Finirà nelle mani di una frangia dell'esercito che rapisce i ricchi per chiedere il riscatto. Come capirete, siamo dalle parti dell'incubo, per cui non è neanche sbagliato parlare quasi di film horror. In un certo senso, per capirci, è come se Parasite di Bong Joon-ho si incontrasse con Garage Olimpo di Marco Bechis con la messa in scena delle torture sui prigionieri della dittatura argentina: «Io però ho cercato di non politicizzare il film anche se penso che militarizzare un Paese non sia mai positivo. Il sistema attuale non permette ai poveri di uscire dalla povertà, uno spunto forte per me per fare un film, mentre, da un punto di vista commerciale, si va sempre al cinema per vedere qualcosa di terribile».

Naturalmente non è un caso che il direttore del festival, Alberto Barbera, abbia deciso di inserire nella programmazione dei film del concorso, nella stessa giornata di ieri, il titolo della regista tedesca Julia von Heinz, And Tomorrow The Entire World, che immagina una Germania in cui movimenti di stampo razzista riescono ad avere sempre più visibilità e impunità.

Luisa, vent'anni, di origini non solo borghesi ma addirittura nobili, si unisce, per amore di un bel militante (evviva gli stereotipi!), a un gruppo antifascista per combattere i nazisti, dovendo decidere se scegliere la violenza come modalità di lotta per immaginare un nuovo ordine. Che, anche ammantato di buone intenzioni, sarà sempre autoritario, come nel film messicano.

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