da Venezia
A Crosby, nel New England, lì dove gli Stati Uniti vennero tenuti a battesimo, sono aumentati i divorzi, ma non è diminuita l'infelicità. Un tempo i matrimoni tenevano nonostante tutto, ma le nuove generazioni non si rassegnano a ripetere «l'errore» dei loro vecchi e così sfasciano coppie appena formatesi e incessantemente ci riprovano. Del resto, la società è lì per questo: analisti e terapisti, gruppi di sostegno e un'etica più flessibile, ovvero famiglie «allargate», magari genitori dello stesso sesso e nonne da rieducare imponendo loro di chiedere scusa al nipotino tirato su senza restrizioni, e quindi maleducato, a cui hanno dato uno scappellotto.
Il New England è quello dei dipinti di Edward Hopper, mare, coste, natura e solitudine, interni di case dove si parla poco, interni di bar e stanze d'albergo dove per compagnia si ha solo se stessi e un bourbon con ghiaccio. È stata la terra dei pionieri e insieme una terra colta e puritana, dove è vietato lamentarsi, ci si spezza, magari, ma non ci si piega, e davanti agli altri non si piange mai. Questa è l'educazione ricevuta da Olive Kitteridge e grazie alla quale è riuscita a superare, ancora bambina, un suicidio in famiglia, quello di suo padre; convivere con la depressione che la rende amara e la fa sentire in credito con il resto del mondo; preferire la quieta dannazione domestica all'idea allettante di una relazione clandestina che sa benissimo non aver alcun futuro.
È una professoressa di matematica, Olive, abituata a ragionare, brava a insegnare, abile, conoscendo i demoni che la divorano dall'interno, a capire i drammi delle psicologie altrui e, se è il caso, a cercare di alleviarli. Non è una crocerossina, né ha quell'insopportabile, per lei, ottimismo del marito, sempre pronto ad accorrere in aiuto del più debole, o di chi si presenta come tale. No, lei è più rude, più schietta, più brutale, se si vuole. E però più pratica, chirurgica quasi.
Ormai anziana, Olive si ritrova sola. Le è morto il marito, dopo un ictus e quattro lunghi anni di sofferenza, e solo ora riesce ad avvertire il vuoto che le ha lasciato e l'amore che è stato alla base della loro unione. Con il figlio i rapporti non sono buoni, ma lei sa che ogni analista da strapazzo sostiene che è colpa di una madre se il proprio ragazzo diventa un uomo infelice e problematico. In città conosce tutti, ma è come se non conoscesse più nessuno, tanto i costumi sono cambiati e con essi il tessuto sociale. A chi le chiede cosa pensi di fare nel prossimo futuro, risponde: «Aspettare che mi muoia il cane, seppellirlo e poi spararmi un colpo». Eppure, quando è primavera e la natura si risveglia, Olive sente che quell'incanto vale ancora la pena d'essere vissuto. Inoltre è appena diventata nonna...
Tratto dall'omonimo romanzo di Elizabeth Strout, Olive Kitteridge , presentato ieri fuori concorso, è la miniserie televisiva destinata a sbancare gli ascolti negli Stati Uniti il prossimo autunno e in Italia il prossimo anno (su Sky Cinema a partire da gennaio). Diretta da Lisa Cholodenko, si avvale di un duo d'eccezione: Frances McDormand, già premio Oscar per Fargo e premiata qui a Venezia, per l'occasione, con il «Persol Tribute to Visionary Talent», e Richard Jenkins ( The Visitor , Killing me Softly , Sea of Love ). Fra i produttori, oltre la stessa McDormand, c'è Tom Hanks; direttore della fotografia è Frederic Helmes ( Synecdoche , New York ), la scenografia è di Julie Berghoff. Perfetto nella ricostruzione di un'epoca, venticinque anni di storia americana fra i Settanta e l'inizio del nuovo secolo, Olive Kitteridge spalma su quattro ore di proiezione l'esistenza di una donna e della comunità in cui vive.
«È uno dei lussi che la tv ti permette - dice Frances McDormand - e arrivata a 57 anni mi sembrava giusto raccontare per esteso una psicologia femminile. Olive è una sorta di filo conduttore che tiene insieme le tante storie di cui si componeva il romanzo. Ci ho messo dentro tutta me stessa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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