"La prima pietra", la commedia natalizia che mette al bando il buonismo

Una recita scolastica di Natale si trasforma in uno scontro tra culture e religioni. Divertimento, "cattiveria" e occasioni di riflessione

"La prima pietra", la commedia natalizia che mette al bando il buonismo

Il nuovo film di Rolando Ravello, "La prima pietra", è una commedia corale che affronta temi caldi e scomodi in maniera intelligente, ossia fuggendo dal politicamente corretto e dalla retorica.
Adattamento di un'opera teatrale originale di Stefano Massini (che ne firma anche il soggetto), il film racconta il piccolo casus belli da cui emergono i problemi e le contraddizioni di una scuola elementare multietnica. Tutto ha inizio nel cortile, poco prima delle feste natalizie, quando un bambino musulmano lancia una pietra contro una finestra, finendo per ferire lievemente il bidello (Valerio Aprea) e sua moglie (Iaia Forte). L’accaduto dà luogo a un acceso dibattito tra le due "vittime", il preside (Corrado Guzzanti), la maestra (Lucia Mascino), la mamma del bambino e sua suocera (Kasia Smutniak e Serra Yılmaz).
Una sorta di "Carnage" nostrano in cui sono raffigurati adulti completamente inadeguati e pronti a darsi battaglia. Spassosa l'insegnante, imbevuta d'idealismo e teorie new-age, ma in realtà bomba a orologeria piena di astio represso. Imbattibile il preside, un Guzzanti in grandissima forma, la cui ossessione per la recita di Natale lo vedrà addirittura salire in cattedra e mimare il bue. La comicità del film è legata soprattutto a queste due figure, prigioniere di un atteggiamento conciliante che tocca il parossismo e diventa caricaturale. Non basterà aver ideato uno spettacolo in cui mischiare islam, induismo e cristianesimo per sedare il malcontento nato tra i presenti, persone con punti di vista e background così lontani.
Con irresistibile cinismo e burlesca irriverenza, Ravello confeziona un microcosmo scolastico che fa da specchio al disagio di un'intera società, multiculturale ma non ancora integrata, in cui la convivenza interreligiosa, talvolta, è inseguita con uno zelo così integralista da diventare nevrosi e condurre, paradossalmente, alla deflagrazione dei conflitti che vorrebbe disinnescare.
Siamo in un film di Natale diverso dagli altri, pronto a denunciare, sia pure in maniera grottesca, i danni collaterali di una bontà di superficie, di un'idea di tolleranza che si compiace di sé ma non conosce profondità. Non è un caso che quasi nessuno nel film s'interroghi sul motivo per cui il bimbo ha compiuto il gesto incriminato. La sbandierata volontà ultra-inclusiva di alcuni personaggi diventa, alla prova dei fatti, una sequela di belle parole con cui affrancarsi in fretta da questioni spinose.


"La prima pietra", in cui a salvarsi sono solo i bambini, rivela l'ingenuità sconfortante con cui spesso, in nome di sterili scorciatoie morali, si tenta di appianare diversità di cui invece gioverebbe un'analisi impegnativa e strutturata.
Insomma, settantacinque minuti in cui umorismo dissacrante, spirito natalizio e attuale radiografia del nostro Paese sono accostati con originalità.

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